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ROBERTO CACCIAPAGLIA – Intervista su musica cosmica e “Diapason”

ROBERTO CACCIAPAGLIA – Intervista su musica cosmica e “Diapason”

DIAPASON: Il disco contiene tre brani cantati da Jacopo Facchini, voce che Roberto Cacciapaglia utilizza da anni nelle sue opere (come “Transarmonia”, “Un giorno X”, “Lamentazioni di Geremia”) perché contiene in sé un registro vocale maschile e femminile, simbolo dell’unione di energie dei due sessi che convivono in una sola persona, in una sola voce, in un’unica musica. I brani sono: “Innocence”, che presenta un testo di William Blake, “A Gift”, da un poema del Mahatma Gandhi, e “The Morning is Born Tonight”, ispirato a Martin Luther King. I testi sono scritti da uomini straordinari, sono un richiamo alla bellezza universale e alla potenzialità insita in ogni uomo, che può essere riscoperta attraverso la musica e l’arte, soprattutto nel complesso mondo contemporaneo. Questa la tracklist completa dell’album: “Frequency of Love”, “The Morning is Born Tonight”, “Farthest Star”, “Joyful Song”, “Innocence”, “Driving Home”, “Always Present”, “A Gift”, “Interlude – The Woodpecker”, “Five Cycles of Minor and Major Keys”, “Exiles”, “Gratitude”.Il disco è stato anticipato dal brano ‘Frequency of love’, il cui video per la regia di Eleonora Capitani, è stato realizzato a Londra nello studio 2 degli Abbey Road Studios. Compositore e pianista milanese, diploma in composizione a Conservatorio Verdi, Roberto Cacciapaglia è protagonista della scena internazionale più innovativa per la sua musica che integra tradizione classica e sperimentazione elettronica. Da tempo conduce una ricerca sui poteri del suono, nella direzione di una musica senza confini che si esprime attraverso un contatto emozionale profondo. Dal lungo sodalizio artistico intrapreso con la Royal Philharmonic Orchestra, prendono vita i suoi cd: “Quarto Tempo” (Universal Music – 2007); “Canone degli spazi” (Universal Music – 2009); “Ten Directions” (Sony Music – 2010). “DIAPASON” – è il nuovo album di inediti pubblicato il 18 gennaio 2019 e immediatamente entrato al primo posto della classifica di iTunes Classic Italia. È stato registrato con la Royal Philharmonic Orchestra nel mitico studio 2 degli Abbey Road Studios, Londra. Nello stesso giorno ha inizio il “Diapason Worldwide Tour”: 15 date nei teatri più belli d’Italia anticipano la tournée internazionale che toccherà Russia, Cina e, ancora una volta, gli Stati Uniti d’America. 

Lei porta avanti il teorema della musica cosmica, se dovesse spiegarla in maniera semplice e diretta a chi non la conosce, che parole userebbe?
Io sono entrato sul genere nel 1974, con il mio primo LP, il primo quadrifonico pubblicato in Italia, Sonanze, prodotto da Rolf Ulrich Kaiser della Ohr. Già allora io avevo gli archi de La Scala, suonavo il pianoforte, usavo l’elettronica, ma posso dire che la mia idea era di non avere né confini né gerarchie. Mentre facevo il Conservatorio ho percorso tutta l’esperienza della musica rock, suonando Beatles, Queen, Rolling Stones, Pink Floyd; ma ho sempre cercato di non dividere, al contrario di unire i generi. Sonanze assemblava la musica elettronica, ma anche Stockhausen e Berio, e poi c’era la musica rock; tutti questi generi io cercavo di metterle assieme, anche contro i consigli del mio maestro che insisteva perché scegliessi una strada ben precisa. 

La musica cosmica può essere vista come una sorta di world music?
No, la world music ha una sua precisa origine etnica, la canzone napoletana è world music, così come la musica aborigena o quella del Mississippi. La musica cosmica che mi interessa è invece quel qualcosa che ti va a toccare nel profondo, che genera emozioni e meditazione, la tensione con cui genero le note si incanala in un’autostrada energetica che arriva all’ascoltatore ad un livello particolarmente profondo. Dal vivo mi esibirò in un ensemble elettronico che posso definire biologico, lavorando sulla musica acustica, non sono suoni generati elettronicamente, ma software che espandono i suoni del piano e degli archi, note normalmente non percepibili dall’orecchio umano. Sono i suoni che Pitagora, grande filosofo dell’Antica Grecia, definiva “Essenza dell’Universo”. Quindi cosmica perché tiene conto dell’essere umano e della sua evoluzione, non fine a sé stessa, non fatta per divertire o fare ballare, ma è musica per evolversi.

Lei spinge molto verso la sperimentazione.
E’ il mio mestiere da almeno una trentina di anni, la musica è un mezzo di crescita, amo dire che è come “essere davanti ad uno specchio ad occhi chiusi”; perché la musica ti dona la possibilità di guardare, di evolversi. Rispetto ad altre arti straordinarie come la letteratura o la scultura, tutte ti danno un’immagine, ma la musica rende liberi, per quanti siamo risulta una condivisione speciale, ascoltandola ognuno è libero di sentire quello che vuole, è una forma di libertà estrema, è l’arte dell’invisibile. 

La frase di Pitagora che lei ha riportato è perfetta, era un filosofo, un matematico ed insegnava musica, arti che paiono diverse, ma che in lui si sommavano. Esistono quindi punti di contatto tra queste discipline?
Assolutamente sì! Io lavoro molto anche sulla fisica quantistica, ed ora anche sulla luce, un aspetto particolarmente difficile da affrontare, ma che conto di introdurre già a Bologna. Quando noi buttiamo un sasso nell’acqua vediamo le onde circolari che si allargano fino a sparire, con le onde sonore succede la stessa cosa, i suoni possono sconfinare ovunque attraversando i muri. Questi software che usiamo seguono i suoni nello spazio, il suono è trasparente, invisibile, noi lavoriamo in questa direzione. 

Torniamo alla vicinanza tra la musica classica ed il rock, lei ha lavorato con Giuni Russo e Gianna Nannini ad esempio, arrivando anche a produrla.
Ho prodotto Vox di Giuni Russo, G.N. di Gianna Nannini, ho lavorato con Battiato che venne a conoscermi quando ero ancora studente a 16 anni. In Rai usavamo strumenti che allora avevano solo i Pink Floyd e pochi altri, lui venne a vederli ed a conoscermi, Franco ha 10 anni più di me, ed iniziai a lavorare con lui su Pollution. 

Per non scordare che lei ha registrato agli studi Abbey Road e con la Royal Philarmonic Orchestra, due attori notissimi ed attivi nel mondo del rock. Alla fine i punti di contatto tra la sua musica ed il rock sono infiniti.
Assolutamente sì. Io faccio musica popolare, faccio riferimento spesso ad Orfeo che fa cantare delfini e danzare gli alberi; al flauto di Pan, la città di Gerico abbattuta dal suono lo trovo molto rock. Sono stato in pellegrinaggio nelle case dei musicisti per vedere cosa è rimasto di loro dopo secoli, in quella di Beethoven a Vienna, da Mozart a Salisburgo. Il nostro Puccini a Torre del Lago, per vedere cosa è rimasto in questi spazi abitati da questi capolavori. Poi sono andato a Londra a vedere la casa di Haendel, la trovo piena di strumenti del ‘700, come i clavicembali; uscendo mi trovo di fronte ad una gigantografia di Jimi Hendrix. Mi guardo in giro e mi vedo circondato da memorabilia di Hendrix, chiedo informazioni agli addetti e scopro che Jimi aveva vissuto per tre anni nella casa che era stata di Haendel. Pensare che in una città sconfinata come Londra fosse capitato che Haendel e Hendrix avessero vissuto entrambi nella stessa casa, mi ha colpito. Da lì è nata ‘Haendel Hendrix House – HHH’, i pezzi si trovano su Youtube per chi li vuole ascoltare. La cosa interessante è che attraverso la musica possiamo attraversare lo spazio ed il tempo, quando mi dicono ‘le note sono 7, oramai è stato fatto tutto’. Io dico che non è vero, abbiamo iniziato solo ora, oggi abbiamo possibilità che non esistevano in passato, possiamo metterci la fisica, lo yoga, stiamo vedendo la musica del futuro. 

La tecnologia permette anche di rimasterizzare vinili, c’è un grande ritorno su questo.
Pensi che io ho ancora uno Studer in studio, in Spagna, in Inghilterra, stanno ristampando i miei vinili. Io penso che il vinile sia straordinario, innanzitutto non c’è lo scambio suon-numero-suono, si imprime direttamente il suono risultando più fedele del digitale. Poi ci sono tanti sistemi per usare la tecnologia, sono stato a registrare a Corno di Renon, in un auditorium completamente in legno, per registrare il piano abbiamo usato 18 microfoni per non equalizzare niente. Microfoni ad acqua che costano € 200.000 ciascuno messi da Michael Seberich, che lavora con i Philarmoniker, poi abbiamo provato ad inserirci un equalizzatore, il risultato è stato terrificante. Dopo di questo siamo andati ad Abbey Road, un tempio della musica dove ho suonato il piano che usavano i Beatles. 

Riguardo la quadrifonia che lei sperimentò, e anche io ricordo, non è mai decollata, mancava la tecnologia adatta allora o fattori di costo?
Principalmente penso che il problema fosse dato dal fatto che l’ascoltatore doveva stare al centro della stanza, per cogliere il suono dai quattro angoli. Purtroppo se le persone erano dislocate diversamente nella stanza, percepivano un suono perdendone un altro; alla fine la quadrifonia è stata recuperata nel cinema. Oggi poi siamo arrivati al punto di ascoltare in mono dagli smartphone. 

Lei che ha suonato dappertutto nel mondo, a parte la Cina dove andrà adesso, ma è arrivato fino in Siberia, un posto o concerto particolare da ricordare?
La Carnegie Hall a New York mi ha regalato emozioni bellissime, con 3-4 standing ovation; ma anche Mosca mi ha accolto in maniera meravigliosa, poi San Pietroburgo straordinaria. Ma la cosa interessante dei miei concerti, anche se mi trovo in Turchia o Irlanda tanto per fare un esempio di luoghi diversi, con pubblici composti da persone di tutti i tipi, generi, etnie, età, si pongono all’ascolto con una condivisione ed una comunione incredibile. Come si suole dire “la bellezza salverà il mondo”, nel pianeta c’è solo una voce di persone che vogliono unirsi senza divisioni, credo che questo sia molto rock. 

Un concerto invece che non è andato come si aspettava?
Tante volte capitano imprevisti o problemi, succedono momenti che le cose non sono organizzate al meglio. Ma una volta mi capitò che andò via la luce, ed io continuai a suonare senza elettricità suonando solo il pianoforte, fu bellissimo.  Un altro evento che ricordo in maniera particolare fu a Torre Guaceto, in Puglia, si suonava all’alba in una riserva naturale; non ci si poteva arrivare con mezzi a motore, quindi ci si è fatti anche 5 ore di cammino per arrivare a questa torre sul mare, un massimo di 500 persone. Feci questo concerto mentre sorgeva il Sole, e suonare all’alba fu un momento molto bello. 

Per chiudere vuole spendere due parole sul suo progetto relativo alla Educational Music Academy?
Siamo al V° anno al momento, siamo pianisti, compositori, alcuni hanno già realizzato dei cd, un’esperienza molto bella per dare opportunità ai giovani di oggi. Anni fa pensai che poteva essere molto bello dare una mano, fondammo questa Accademia che lavora sulle composizioni, siamo metà maestri e metà compositori. Lavoriamo sulle loro opere, lavorando anche sulla meditazione, sulla respirazione, abbiamo anche una psicologa, cerchiamo di alzare il loro livello professionale, i risultati sono eccellenti.

MAURIZIO DONINI

Roberto Cacciapaglia online:
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