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H.E.A.T. – Intervista al tastierista Jona Tee

H.E.A.T. – Intervista al tastierista Jona Tee

Ore 17, Locomotiv Club – Bologna: è tempo di soundcheck quando chiedo di potere fare due chiacchiere con quelli che saranno i protagonisti della serata, gli svedesi H.e.a.t. – giovani, talentuosi, belli e carismatici. Si presenta il tastierista Jona Tee, membro fondatore  della band e uno dei principali compositori, spesso portavoce del gruppo che ci parla in maniera cordiale ed entusiastica del presente e del futuro della propria band…
 
Ciao Jona, è un piacere poterti intervistare: siete in tour da molto tempo, come sta andando? Siete soddisfatti della risposta del pubblico? Quali aspettative avete per il concerto di stasera?
Ciao a te! Si infatti sembra una vita che siamo in tour, ma sono poi solo 3 settimane e stiamo appena cominciando a riscaldarci. Arriviamo da 3 date pazzesche che abbiamo fatto in Spagna: Barcellona e Madrid con un sacco di gente e così anche a Bilbao, quindi possiamo ritenerci assolutamente soddisfatti. Per quanto riguarda stasera abbiamo ottime aspettative, di solito suoniamo a Milano quando veniamo in Italia e non veniamo a Bologna da 8 anni, quindi sono sicuro che sarà una bella serata!
 
L’album “The great unknown” è ormai stato pubblicato nel 2017: a distanza di un anno che responsi avete raccolto, quale nazione ha accolto meglio la vostra musica?
Beh, sicuramente la risposta più significativa l’ha data la Svezia, tanto che siamo stati nominati per un Grammy quest’anno, che è una gran bella cosa. Quindi Svezia, ma anche Finlandia sicuramente ed anche in Giappone c’è stato un buon interesse nei confronti dell’album, anche se devo dire che un po’ dappertutto ha riscosso consensi.

Tornando all’argomento tour, non è la prima volta in Italia – specialmente a Bologna: che ricordi avete dei concerti nel nostro paese?
E’ sempre molto bello, l’ultima volta che siamo venuti in Italia come dicevo eravamo a Milano e sono passati ben 8 anni dall’ultima volta qui a Bologna… mi ricordo di un locale con un palco molto alto e mi ricordo anche che arrivammo tardi quella volta… L’autobus era in estremo ritardo e dovemmo fare tutto in un’ora, tra scaricare, montare e fare il soundcheck. E’ stato un po’ strano ed imbarazzante perché c’era già un sacco di gente che ci aspettava sotto la pioggia, così ci siamo scusati con loro per l’imprevisto.
 
Cosa hanno di diverso i fan italiani rispetto a quelli di altri paesi (sia in positivo che in negativo)?
Beh assolutamente i fan italiani sono quelli più “piccanti” (usa proprio “spicy” come aggettivo NdR) come tutti i popoli latini, mi sono accorto che più a sud vai più la gente è matta (lo dice in senso positivo NdR) mentre a nord sono tutti molto più calmi e tranquilli. Ma adoriamo il pubblico italiano, la sua risposta è sempre stata grandiosa e quindi siamo davvero felici di essere qui nuovamente.

Tornando all’album: si tratta ancora di un passo avanti, di uno sviluppo del vostro suono che rimane comunque fedele al vostro marchio di fabbrica. Come potreste descriverlo a chi invece non lo ha ancora ascoltato?
Si in questo album ci sono molte canzoni che rispecchiano il nostro classico suono, ad esempio “Bastards of society”, molto simile allo stile di “Infermo” dall’album “Tearing down the walls” , con il suo caratteristico up-beat e quell’idea di “noi contro il mondo”. Abbiamo però voluto inserire canzoni con elementi più moderni, a costo di mandare un po’ in confusione i nostri ascoltatori, come ad esempio in “Time is on our side” che prende alcune sonorità da band come i Muse creando qualcosa di più moderno, forse anche di alternativo. E’ comunque in tutto e per tutto un album degli H.e.a.t. al 100% solo con sonorità più moderne, adulte e mature.
 
Come nasce una vostra canzone, qual è il processo compositivo che di solito seguite?
Solitamente quando scrivo parto da una melodia, un fraseggio o un riff e spesso ho già in mente la canzone così come dovrebbe essere.  Il più delle volte la prima cosa che viene fuori sono le linee vocali, a volte si parte da un titolo, giusto per avere un riferimento, altre volte basta una frase, un riff – dipende. Di solito scriviamo “a sezioni”, non facciamo jam durante le prove o cose simili – in un certo senso abbiamo più una attitudine cantautoriale:  non abbiamo mai scritto nulla in sala prove, ci capita di collaborare ma sono processi che partono più da un piccolo studio di registrazione per poi portarli in sala dove poi vengono “aggiustati” e registrati dal vivo li’. Si, è più o meno come scrivere qualcosa tutti assieme ma in quei momenti la canzone ormai ha già preso quasi totalmente forma dato che puntiamo molto sulla pre-produzione.

Erik è entrato nella band dopo avere trionfato a Swedish Idol, che ne ha esaltato il suo talento – cosa che purtroppo non accade ai cantanti qui in Italia: a tal proposito quali consigli dareste ad una giovane band che vuole portare avanti la propria musica?
Si, tutto si basa su due fattori – la musica senza dubbio, quella è importantissima poiché devi riuscire a creare buone canzoni con una buona produzione, ma bisogna essere anche un po’ sfacciati e sapersi vendere ponendo un occhio anche a come essere “fighi” ed anche fare in modo che i fan possano sentirsi parte della tua “sfera”, quasi come se fossero coinvolti in una grande famiglia – e questa è una cosa che mi piace parecchio. Band come i Kiss o i Ghost hanno puntato soprattutto sull’immagine e ciò li ha fatti diventare qualcosa di enorme e sensazionale, quasi come fossero degli dei, io preferisco più una attitudine “familiare” proprio in stile “noi contro il resto del mondo”, come dicevo prima – come se fossimo chiusi in una nostra personale bolla assieme ai fan. Insomma bisogna tenere in considerazione diversi fattori per cercare di emergere ed avere un po’ di successo.

A parte poche realtà che sopravvivono, in Italia la musica dal vivo sembra essere un po’ in declino: che situazione c’è invece in Svezia?
Posso parlare soprattutto per quanto riguarda Stoccolma, ci sono un sacco di piccoli club in cui la band possono suonare musica di diverso genere e stile, ma soprattutto locali come l’Harry B James o l’Anchor che hanno dei palchi adatti anche a band più piccole, ma ci davvero non mancano posti dove potere suonare ed ascoltare spesso alternative rock e tantissimi altri stili musicali.
 
Che programmi avete per il prossimo futuro? A quando il prossimo album?
Beh si, il nuovo album è in lavorazione – assieme a qualcos’altro che però non posso anticipare, posso solo dirti che alcune cose usciranno il prossimo anno e che ci saranno diverse sorprese. Oltre a questo chiaramente continueremo ad andare in tour anche l’anno prossimo, sempre di più: sono in programma una serie di concerti in Regno Unito insieme agli Skid Row, poi andremo anche ad Atene per la prima volta da quando suoniamo… insomma un sacco di cose che stiamo progettando ed organizzando, il 2019 sarà incasinato come sempre, non ci fermiamo mai!

Grazie ragazzi, volete lasciare un messaggio per i vostri fan italiani e per i lettori di TuttoRock?
Certo, grazie per tutto il vostro supporto, spero di vedervi numerosi stasera o comunque nelle prossime volte che passeremo da qui!
 
SANTI LIBRA

SHIRAZ LANE:
Hannes Kett – voce
Jani Laine – Chitarra solista
Miki Kalske – Chitarra ritmica
Joel Alex – Basso
Ana Willman – Batteria
 
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