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GIACOMO “GIGA” GIGANTELLI – Intervista al cantante dei Danger Zone

GIACOMO “GIGA” GIGANTELLI – Intervista al cantante dei Danger Zone

Ho avuto l’onore di essere ospitato a casa del mitico Giacomo “Giga” Gigantelli, campione mondiale di umiltà e disponibilità, il quale tra una chiacchierata ed una birra, mi ha svelato i segreti del nuovo ed attesissimo album dei “Danger Zone”, ormai giunto alle ultime fasi di rifinitura prima della distribuzione. Ecco le news che tutti i fans attendono con ansia: 

Non c’è due senza tre e dopo una spasmodica attesa sembra ormai prossima l’uscita del terzo capitolo del percorso musicale dei Danger Zone. Quale tipo di sound e di stile dobbiamo attenderci dal nuovo album? 
A dire la verità non c’è 3 senza 4 se vogliamo considerare anche il primo mini LP del 1985 Victims of Time. Io non ero ancora nella band all’epoca (entrai nel 1986) ma credo sia giusto menzionarlo visto il valore collezionistico e affettivo x molti. Tornando alla tua domanda direi che sarà un album al 110% Danger Zone nel senso che mai come in questo album il nostro stile sarà ben definito. Noi abbiamo sempre suonato e composto quello che ci piace senza pensare troppo allo stile ma solo cercando di far uscire il meglio di noi stessi. Quindi sarà un album Hard Rock dalle diverse sfumature, dall’ Aor al Classic Metal, diciamo così. Non potevamo desiderare di meglio! 

E’ prevista una data approssimativa per l’uscita ufficiale e la distribuzione? 
No, al momento nulla e’ stato deciso. Stiamo registrando e cerchiamo di farlo al meglio senza che nessuno ci faccia fretta. Diciamo che cercheremo di finire il master al massimo per ottobre, poi si vedrà. 

Andiamo un po’ a sondare la storia dei “Danger Zone”. Come è scoccata l’idea per il nome della band? 
Ah questa è una domanda che ho girato a Roberto Priori in quanto membro fondatore della band e mi ha assicurato che è venuto fuori così cercando qualcosa d’impatto. Nessun significato particolare quindi.

Nonostante un numero di registrazioni in studio piuttosto esiguo, la band non si è risparmiata in sede live ed ormai siete in pista dal lontano 1984. Un percorso lunghissimo. Qual è stato il momento più alto e quello più basso della vostra carriera? 
Tanti i bei momenti , pochissimi quelli brutti anche se sono poi quelli che pesano di più. Sicuramente uno dei più belli e’ stato tutto quello che ha riguardato Line of Fire. Un manager italiano importante, dei produttori americani, studio favoloso, alberghi, ristoranti, insomma una di quelle situazioni che ti fa pensare che forse ce l’hai fatta. Purtroppo poi, come molti sanno, non è andata come speravamo e il momento più basso direi che forse è stato proprio quando ci siamo resi conto che tutta la nostra fatica ed entusiasmo erano andati in fumo e tornare in Italia dagli Stati Uniti, dopo tutto quello che avevamo fatto, e’ stato molto triste all’epoca.

Ci racconti brevemente qualche simpatico aneddoto riguardo alla vostra permanenza nella leggendaria Los Angeles? 
Ahaha partirei subito raccontandoti del “furbone”, che era il soprannome del nostro furgone Chevrolet comprato a Los Angeles e che ci ha accompagnato per tutta la nostra permanenza. Avevamo una sala prova fissa vicina a Downtown e quando avevamo una data si caricava tutto lì e poi a notte fonda si tornava a scaricare. Il building delle sale prove era più o meno dopo quel canale prosciugato che si vede in Terminator, da fuori sembrava una fabbrica abbandonata ma dentro c’erano decine di sale prova su più piani collegati con un montacarichi gigantesco. Fuori per non dare troppo nell’occhio ai malintenzionati (puoi immaginare quanti strumenti e materiale potesse esserci li dentro moltiplicato per decine di bands) risiedeva direttamente sul portone d’ entrata (che comunque era blindato) un senzatetto con gravi problemi di salute dovuti probabilmente al troppo alcool. Lui era lì sempre ! Dava magari anche una mano a caricare e scaricare e così gli si dava qualche dollaro che moltiplicato per tutte le bands era praticamente quasi uno stipendio per lui. 

Ahahah. Comunque anche questa era l’ America… Al momento attuale, com’è la situazione a suonare live? Che tipo di collaborazione ricevete dai locali? 
Direi che è abbastanza triste, collegata alla crisi che ha colpito l’Italia. La cultura generale italiana in fatto di musica live poi e’ bassa e quindi si suona poco e con situazioni spesso al limite del ridicolo a livello di palchi e impianti. Ci sono poi quelli che fanno tanto pur di creare eventi live anche di un certo livello o utilizzare il locale meglio che si può ( e a tutti questi va la mia massima stima), ma purtroppo la gente non apprezza abbastanza oppure forse non ha soldi da spendere per ascoltare una band live e nemmeno per pagarsi una birra nel locale. 

Mah, io credo che in momenti di crisi si guarda sempre prima cosa ci interessa di più e supportare la musica live , per la maggior parte degli italiani , non lo è di sicuro. Poi magari per andare a vedere gli AC/DC oppure Vasco i soldi ci sono. 
Guarda ci sarebbe troppo da discutere e tanti avranno le loro rispettabilissime opinioni. Io so per esperienza personale, avendo anche co-gestito un locale, che puoi dare il massimo come organizzazione, come situazione professionale per i gruppi, ma purtroppo il pubblico (che serve per sopravvivere come locale) era sempre poco, salve qualche rara e piacevole situazione. Noi come Danger Zone ora preferiamo suonare poco e con una situazione non dico buona, ma almeno sufficiente per un concerto rock decente, per noi e per il pubblico. Non abbiamo più 20 anni quando si sarebbe suonato sempre e comunque anche rimettendoci. E non siamo nemmeno quelli che – fortuna loro – hanno soldi per comprare magari un apertura a qualche band famosa oppure addirittura un tour completo magari in Russia. Non è questione di “tirarcela”, ma dopo tanti anni preferiamo così. Se però sentite che ci sono i Danger Zone in giro, venite a trovarci! Non ve ne pentirete! 

Posso confermare pienamente! Parlando dell’attuale panorama rock, quale/i band secondo te hanno le carte in regola per sfondare e compiere il grande salto? 
Sinceramente non sto ascoltando molte cose nuove ultimamente, preferendo i grandi classici. Mi sono piaciuti molto i The Poodles per un certo modo di comporre e di cantare molto vicino al mio, soprattutto nei primi albums.. Mi piacciono moltissimo gli Halestorm e questo mi meraviglia un po’ perché non ho mai amato spasmodicamente le voci femminili nel rock, ma Lzzy è veramente un fenomeno di bravura e attitudine! 

Mi hai convinto infatti! C’è stato un momento preciso della tua vita in cui hai sentito “scattare la molla” ed hai deciso di intraprendere il grande sogno di diventare un musicista? 
Certamente il 2 settembre 1980 al Vigorelli di Milano, concerto dei Kiss! Era un sogno assistere al concerto della band che più amavo e sicuramente timidamente già pensavo che avrei voluto provare a comprarmi un basso per emulare Gene, ma non sapevo ancora decidermi…fino a che non si mise di suonare il gruppo spalla dal nome Iron Maiden! Sono rimasto estasiato da quel sound e non appena tornato a casa mi feci regalare dai miei il mio primo basso! Stefano Pisani che era con me quel giorno fece la stessa cosa dando in un certo senso il via a quelli che sarebbero stati gli Spitfire…, ma questa è un’altra storia! 

Dopo tanti anni passati con i membri della band a comporre e suonare, ci spieghi quale tipo di sintonia e di relazioni umane si creano tra voi musicisti? 
E’ una cosa difficile da spiegare a parole. Quando trovi l’alchimia giusta si è dei treni ad arrivare velocemente dove vuoi arrivare. Parole e musiche nascono velocemente, ci si capisce al volo e ogni difficoltà o incomprensione svanisce nella maturità di raggiungere uno scopo comune. Con molte delle persone con cui ho lavorato in passato sono rimasto in ottimi rapporti, nonostante la vita ci porti inesorabilmente a seguire strade diverse, con altre, come per esempio appunto i Danger Zone, capita che si continui a lavorare sempre alla grande, come fossero i primi periodi. Sembra quasi di parlare di un matrimonio, e in un certo senso a livello professionale e musicale è proprio cosi. 

Grazie infinite a Giacomo Gigantelli per aver condiviso le emozioni di chi vive e respira rock da 30 anni ed appuntamento immancabile fissato per l’uscita del nuovissimo “Danger Zone”. 

IVAN FACCIN

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Pic by Alex Ruffini Photography