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DON AIREY – Intervista all’hammond dei Deep Purple (e non solo)

DON AIREY – Intervista all’hammond dei Deep Purple (e non solo)

Don Airey, inglese, classe 1948, è uno dei più noti tastieristi della storia del rock. Anche se è conosciuto ai più per essere il tastierista dei Rainbow di Ritchie Blackmore e dei Deep Purple, dove ha sostituito John Lord dopo la sua scomparsa, leggere la lista di band con le quali Don Airey ha collaborato è impressionante: Ozzy OsbourneBlack Sabbath, Electric Light OrchestraGary MooreGlenn TiptonJudas PriestWishbone Ash, WhitesnakeTenJethro Tull, Hollywood Monsters, Divlje Jagode. Un curriculum molto più ridotto di questo potrebbe già essere per alcuni un buon motivo per dimostrarsi poco disponibili con il mondo esterno, per così dire. In questo caso, invece, stringergli la mano ed entrare in sintonia con lui è stata questione di un attimo: gentilissimo e cordiale, ci ha invitati nel tour-bus parcheggiato all’esterno del locale per una piacevole chiacchierata, tra humor e self-control squisitamente britannici.
 
Questa di Bologna al Locomotiv Club è la prima data del tour…
Sì è la prima. Abbiamo dodici concerti in programma: dopo Bologna andiamo a Vienna, poi Slovacchia, Repubblica Ceca, Germania e Olanda.
 
Raccontaci qualcosa della band. Li hai scelti solo per questo tour o è una formazione con cui suoni di solito?
Il bassista Lawrence Cottle lavora con me da molto tempo. Conosco il batterista (John Finnegan) da quando ha 12 anni e questo è il secondo tour che faccio con lui, siamo vicini di casa in realtà e lui suona anche con i Gang of Four. Il chitarrista Simon McBride l’ho conosciuto attraverso quelli della Paul Reed Smith Guitars e viene dallo stesso posto di Gary Moore! (grande amico di Don Airey  con cui ha, naturalmente, suonato), alla voce c’è Carl Sentance, attualmente cantante dei Nazareth, che collabora con me anche nella scrittura dei brani. La realtà è che ci siamo trovati tutti disponibili per il tour in queste due settimane di marzo! Darrin Mooney non è potuto venire perchè impegnato con i Primal Scream.
 
Tu hai suonato e suoni con le più grandi band hard-rock/prog del mondo, ma hai all’attivo solo quattro album solisti. Come mai?
Per un tastierista sono già tanti… è già un miracolo quando ne riesci a fare solo uno!
 
La tua formazione musicale è di stampo classico e hai iniziato a studiare il pianoforte da bambino. Ti immaginavi da ragazzo di diventare quello che sei oggi?
No, pensavo che sarei diventato un insegnate di  musica. Sapevo che non ero bravo abbastanza per diventare un concertista! Sai devi essere veramente molto bravo per diventarlo… poi quando dissi a mio padre che volevo fare il musicista a tempo pieno lui ne rimase shoccato “non guadagnerai un soldo!” mi diceva, lui voleva diventassi avvocato. Ma sai all’epoca essere un musicista non era un’opzione di carriera, invece adesso lo è.
 
Qual è stata la prima band “importante” con cui hai suonato?
Quella di Cozy Powel e ci siamo divertiti molto!
 
Il tuo nome però divenne famoso nel mondo quando sei entrato nei Rainbow di Ritchie Blackmore. Secondo quel che si sente dire Blackmore non è un personaggio facile con cui avere a che fare…
No, non lo è. Hai ragione.
 
Ci puoi raccontare qualche aneddoto dei tuoi trascorsi con lui?
Guarda il fatto è che se uno è veramente bravo difficilmente è anche uno “facile”. Una persona col suo talento pretende che chi gli sta intorno sia pronto ad ogni sua sollecitazione, lui è così creativo e così veloce che si aspetta la stessa cosa da te. Io mi sono sempre trovato bene con lui, solo “on the road” diventava un po’ difficile, ma valeva un po’ per tutti i Rainbow e non per colpa di Ritchie, ma all’epoca io in tour praticamente non-stop da 12 anni e sai com’è… io ho fatto con loro gli ultimi 3 anni e poi ho deciso di andarmene. Avevo un figlio che praticamente non mi conosceva e volevo andare a casa da lui. E quel figlio che non mi conosceva è qui stasera! Sì, Mike oggi è lo stage manager dei Deep Purple. Ha lavorato con la band per dieci anni ed ora è in grado di gestire il palco, e l’ho portato con me in questo tour. Altri due membri della crew dei Deep Purple sono qui, mi hanno telefonato e mi hanno detto “possiamo venire? Per favore lasciaci venire con te!” (risata finale n.d.r.).
 
A proposito dei Rainbow, abbiamo letto la notizia che in Giappone ti è capitato di essere inseguito da un’orda di ragazze urlanti!
Oh si è vero. Ero con Grahm Bonnet e avevamo deciso di andare in un centro commerciale per comprare dei regali alle nostre mogli. Abbiamo preso un taxi e altri 40 taxi ci hanno seguito! Con noi c’era Tak, il tour manager locale, che aveva con sè un tubo di cartone che non mollava mai e io non capivo a che cosa gli serviva. Quando siamo arrivati dai taxi sono scese solo ragazze che venivano verso di noi e Tak ci ha urlato “correte!” e intanto lui le bacchettava con quel tubo di cartone, senza fare male, ma per cercare di fermarle! Incredibile…
 
E cosa ci dici di Ozzy Osbourne?
Ho suonato nella sua band per quattro anni e non c’è stato un giorno in cui non succedesse qualcosa di strano! Lui è incredibile. Te ne dico una: se avevamo un giorno off ed eravamo in un albergo con un piano nella lobby allora andavamo lì, mentre io suonavo lui cantava cose tipo “My Fair Lady” o “Stranger In The Night” come un cantante da pianobar e  alla fine passava col cappello tra la gente che si era fermata ad ascoltare!
 
Veniamo ai Deep Purple e scusa se ti faccio una domanda che ti avranno già fatto mille volte (ma sentire la risposta in “viva voce” fa una certa differenza!): come è stato prendere il posto di un personaggio non certo di secondo piano come John Lord in una band così famosa?
All’inizio è stato facile perché è talmente una grande band, ma col passare del tempo, quando John non tornava, è diventato sempre più impegnativo. All’inizio dovevo rimpiazzarlo per tre concerti… sono diventati 14 anni!
 
Progetti futuri dei Deep Purple?
Iniziamo il tour in maggio. Andremo in Giappone, Russia, Israele, Scandinavia e poi un mese di festival europei e un mese in Sud America. Facciamo circa 130-140 concerti l’anno. E’ hard rock! Inoltre siamo appena stati a Nashville dove stiamo registrando il nuovo album. Io ero lì fino alla settimana scorso. Mio figlio Mike è tornato da Nashville venerdì scorso (3 giorni prima), ha caricato il tourbus e ha guidato fino a qui! Quando prima ho chiesto dov’era mi hanno risposto: sta dormendo lì dietro! (indicando il retro del tour-bus).
 
Tutti dicono, e anche tu lo hai accennato poco fa, che la vita on the road per tanto tempo è molto dura. Tu come fai?
E’ come una droga. Non riesci a smettere. Ogni tanto viene anche mia moglie, ma dopo due o tre date mi dice “Io torno a casa”. La realtà è che non lo faresti, ma lo fai perchè devi suonare.
 
Cosa ascolti quando sei nel tour bus?
Amo molto ascoltare Respighi, il compositore. Ma una delle mie band preferite al momento sono i Rival Sons e poi mi piacciono molto gli Inglorius, The Architects e i Bring Me The Horizon, di cui sono proprio un fan. A Nashville sono andato a vedere un concerto degli Slayer, mio figlio Mike ama molto il trash metal e quando era piccolo mi faceva sempre ascoltare gli Slayer… sono stati fantastici. Dopo il concerto li ho incontrati perché mi volevano conoscere e sono persone veramente gentili e amabili, diversamente da come possono sembrare!
 
Quale musicista classico avresti voluto essere?
Chopin. Suono spesso Chopin, male, ma lo suono! Avevo uno zio che da piccolo mi faceva ascoltare molta musica e amavo già Chopin, ma non mi piaceva molto Mozart e lui mi diceva “Aspetta quando avrai 50 anni e vedrai che cambierai idea!”
 
Tu alterni concerti nei club, come stasera, a esibizioni nelle arene. Come vivi questa alternanza fra due modi così diversi di esibirsi?
Vedi questa musica è nata in posti piccoli; l’acustica è molto meglio di solito nei posti piccoli che nelle arene. Nei posti grandi hai i monitor ecc., ma qui puoi sentire tutto in maniera diretta, ogni strumento sul palco, e poi puoi vedere il pubblico. E’ così che ho iniziato, in posti come questo, ed è un periodo della mia vita che amo molto. Sai, quando abbiamo messo su questo progetto sono andato dal mio agente e gli ho detto: “Trovami dei concerti, non mi interessa dove”. Il risultato è un tour-bus dove la crew e la band viaggiano insieme per 12 concerti in 13 giorni. E questo per me è il rock’n’roll.
 
Grazie Don Airey.
 
ANGELA ZOCCO
 
 
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