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BANCO DEL MUTUO SOCCORSO – Intervista al chitarrista Nicola Di Già

BANCO DEL MUTUO SOCCORSO – Intervista al chitarrista Nicola Di Già

Com’è stato per te entrare a far parte del Banco del Mutuo Soccorso? Non eri un fan del Banco quindi?

Come dicevo prima, no, non ero un fan del Banco, ma per un motivo ben preciso: essendo un adolescente degli anni ’80, crescevo a pane e New Wave quindi mi trovavo spesso a confronto con quelli più grandi, tra cui mio padre che non facevano altro che dirmi: non ascoltare quella robaccia ascolta il Banco!! Quindi puoi immaginare in un ragazzino, l’effetto contrario che faceva…
In un certo senso però c’è stato una specie di filo rosso: mio padre ha organizzato un paio di concerti negli anni ’80 e negli anni ’90 il produttore della band con cui suonavo era proprio un ex bassista del Banco. Poi un giorno mi arriva una telefonata dal mio manager, che era anche il loro manager : serve un programmatore nello studio di Vittorio, per realizzare un brano del Banco insieme a Battiato… ho chiamato la scuola di musica dove insegno e gli ho detto che mio padre si era sentito male e che dovevo correre al pronto soccorso… invece sono andato in studio a Genzano!! Certo li per li è stata una esperienza mistica… in casa del nemico!!! Poi invece rivelatosi molto meno nemico del previsto ed anzi, ormai sono legatissimo a Vittorio, alla sua famiglia, a Filippo Marcheggiani, ho avuto una bellissima esperienza  di studio con Rodolfo Maltese… che dire? Come dicono i fans: il Banco è una famiglia…

Raccontaci un po’ questa formazione attuale del Banco. Cosa ci dobbiamo aspettare dal vivo?

Tanta energia! Sembra una frase fatta, ma invece è proprio così! Perché siamo una band di amici, non c’è manierismo, non c’è professionismo fine a se stesso, c’è solo tanta voglia di suonare e stare insieme. Ovviamente nella formazione attuale non può mancare Vittorio al piano ed ai synth, alla voce è stato reclutato Tony D’alessio, amico storico di Filippo, insieme hanno realizzato quel bellissimo album degli Scenario,  è stato molto ben accettato dai fans; ovviamente Filippo Marcheggiani ed io alle chitarre, col quale mi trovo splendidamente bene, sia umanamente perché abbiamo legato molto, che musicalmente: venendo da esperienze completamente diverse non ci scontriamo mai, ma interagiamo di continuo; al basso c’è Marco Capozi, questa volta mio amico praticamente da sempre, proveniente dal Balletto di Bronzo, altra band storica di cui sono sound engineer e produttore ed infine Fabio Moresco, ex batterista dei Metamorfosi, amico stretto di Marco… ho voluto sottolineare le nostre amicizie, proprio per tornare alla musica come voglia di stare insieme, di suonare perché abbiamo tanto da dire, tanto da raccontarci, prima cosa tra noi e di conseguenza al pubblico.

Il prog in Italia negli ultimi anni sta mostrando una rinascita, sia dal punto di vista di nuovi lavori e nuove band, ma soprattutto per quanto riguarda una rinnovata attenzione da parte di critica e pubblico. A cosa pensi sia dovuta questa nuova fioritura?

Penso che la musica attuale sia molto standardizzata, molto di più di quello che credevano “i grandi” negli anni ’80, questo fa si che chi rifugge dagli schemi trovi rifugio nella musica senza schemi. Come ricorda spesso Vittorio, ma anche altri protagonisti del prog: loro non chiamavano prog la musica che suonavano, la suonavano e basta!

Quali sono le tue influenze da musicista?

Sono molto variegate… se vai alla lettera M della mia collezione di musica, trovi Milva, i Metallica e Madonna… ascolto veramente di tutto tranne il Jazz (mea culpa). Quando ho iniziato ad ascoltare musica ero diviso tra i Duran Duran e Vasco Rossi… dagli inglesi ho imparato una cosa fondamentale: David Bowie che è il crocevia di tutte le musiche! Da Vasco, o meglio da Maurizio Solieri, è lui che mi ha fatto innamorare della sei corde, ed ha collaborato anche con noi in alcuni concerti, ho imparato il rock internazionale: Led Zeppelin; Hendrix, Clapton, Beatles e Rolling Stones. Dal Vasco paroliere ho imparato l’importanza della parte letteraria in un brano (cosa che ho ritrovato fondamentale nel Banco) e quindi ho imparato i cantautori italiani: Lucio Dalla, De Gregori, quel genio delle parole che è Claudio Baglioni…

Su Tuttorock abbiamo una rubrica chiamata “ConsigliPerGliAscolti” dove settimanalmente consigliamo dei dischi, e altrettanto spesso chiediamo di farlo ai nostri intervistati. C’è un disco al quale ti senti particolarmente legato e che vorresti consigliare ai nostri lettori?
Si, il disco che non manca mai nel mio ipod è Rio dei Duran Duran, all’epoca sottovalutato è stato poi inserito nella classifica dei dischi più belli e influenti di sempre, un disco completo dove c’è tutto: il rock delle chitarre, l’elettronica primordiale ed artigiana delle tastiere di prima che inventassero il protocollo midi, il funky della batteria e del basso (ormai John Taylor viene spesso accreditato come uno dei migliori bassisti, una bella rivincita…) e la poesia dei testi di Simon le Bon. Oltretutto ha un sound molto morbido, gradevolissimo.

di Francesco Vaccaro

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