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YAK + Husky Loop – Live @ Covo Club, Bologna, 8-10-2016

YAK + Husky Loop – Live @ Covo Club, Bologna, 8-10-2016

Dopo averli visti in versione estiva aprire il concerto dei The Last Shadow Puppets in cartellone a Ferrara Sotto Le Stelle, riponevo molte aspettative sulla “versione club” degli Yak, sicuramente una cornice più adatta per questo giovane power trio inglese che sta confondendo le acque sul futuro della musica in terra d’Albione. Il Covo Club è perfetto per ospitare questo concerto e la risposta di pubblico è ottima:  un sold-out sfiorato. E le mie aspettative confermate in positivo.
 
Ma partiamo dall’inizio. La serata è aperta degli Husky Loop, un altro trio, ma di giovani bolognesi trasferiti a Londra per non essere relegati alla periferia dell’impero, in senso musicale (e non solo).
Evidentemente l’aria nordica ha sortito gli effetti sperati: raramente una band così giovane in Italia è in grado di avere quel livello di creatività e di capacità esecutive (tenendo sempre conto della fascia d’età).  Esecuzioni essenziali, a tratti scarne (lo-fi?),  loop ipnotici che al momento giusto, prima di scadere in noiosa ripetitività (non è facile), si aprono in esplosioni sonore liberatorie. Basso, chitarra, batteria e un uso sapiente e non celato di campionamenti comandati dal batterista. C’è chi li ha accostati ai White Stripes e chi addirittura li ha preferiti agli Yak (ma in questa affermazione traspare un tantino di snobbismo musicale a mio avviso). Comunque evidentemente promossi a pieni voti!
 
Poi tocca agli Yak, sul palco appare  un organo Philips anni ’70 original, che sarà poi suonato e percosso dal cantante-chitarrista, e già ci si mette nel mood giusto.
 
A luglio di loro avevo scritto per Tuttorock “Congiungete idealmente tra loro le caselline dove si trovano noise, hard rock, garage rock e psichedelia e il punto di intersecazione vi dà la posizione geomusicale degli Yak. La lunga citazione, all’interno di un proprio brano, della nota 21st Century Schizoid Man dei King Crimson, rende bene l’idea dei loro riferimenti, che vanno indietro fino, appunto, al 1969. Nonostante ciò gli Yak rimangono figli del proprio tempo, non dei meri emulatori e quindi con un’attitudine per nulla nostalgica”. Oggi confermo tutto (inclusa la cover, seppure in versione più breve, del brano dei King Crimson) e, dopo aver ascoltato il loro album d’esordio Alas Salvation, aggiungo che dal vivo gli Yak espandono i brani tanto da rendere difficile riconoscerne la forma-canzone, nonostante il disco sia composto da pezzi dalla lunghezza media non superiore ai tre minuti (tranne una eccezione di oltre 7 minuti). Inoltre da studio la band risulta essere debitrice all’estetica punk molto più di quanto non risulti dal vivo. In sintesi: una summa di praticamente tutte le declinazioni di rock che popolano la storia della musica. Se saranno in grado di gestire questo pesante fardello senza farlo diventare un patchwork di stili scoordinati lo dirà probabilmente il prossimo disco. Per ora bravi così.
 
Nota di colore: il batterista Elliot Rawson assomiglia a Jack White, il bassista Andy Jones sembra Beck e il cantante-chitarrista Oliver Henry Burslem è molto, ma molto simile a Mick Jagger ventenne (o suo figlio, il protagonista di Vinyl per intenderci). Se credete nella fisiognomica il futuro è già scritto!
  
ANGELA ZOCCO
Pics by Daniele Aversano (Ferrara Sotto le Stelle 5-7-2016)

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Membri: 
Oliver Burslem
Andy Jones
Elliot Rawson
 
http://yak.lnk.to/album 
https://www.facebook.com/yakyakyak