Now Reading
VINICIO CAPOSSELA “Polvere tour” – Live @ Teatro di Verdura, Palermo 20- …

VINICIO CAPOSSELA “Polvere tour” – Live @ Teatro di Verdura, Palermo 20- …

Descrivere un concerto di Vinicio Capossela può essere una cosa semplice, ma anche molto molto difficile.

C’è la parte facile, la musica. Un treno che parte lentamente, tanti anni fa. Che al di là della favola popolare dell’emigrante che torna da profeta nella Patria dovuta abbandonare dai genitori emigranti, inizia pescando al di là dell’Oceano, affondando le mani in un barile di note e aringhe che “puzzava” moltissimo di Tom Waits e tante notti di leopardiane sofferenze di periferia, che più o meno finivano sempre in qualche bar sgangherato, ingollando gradazioni alcooliche incredibili ed ulceranti. La sterzata vincente, fu poi l’incontro con la musica balcanica, la conversione alla ricerca di sonorità popolari. Trovato il filone, reputo che sia finita la via “dell’artista di ricerca” e  iniziata quella “dell’ artista di successo”, il quale, un po’ perché ci crede, un po’ per incontrare i favori di un pubblico sempre maggiore, visto la moda del momento di incontrarsi per ballare mazurche, tarantelle e tammurriate un po’ ovunque, è andata via via zigzagando captando suoni regionalistici dal Sud America al sud Italia, isole comprese.
Qui inizia il difficilissimo compito di decriptare l’uomo. Mi si potrebbe ribattere che in fondo ciò che caratterizza un musicista è esclusivamente la sua musica, ma è qui che si inceppa il mio “lavoro” di recensore. Perché se vai a vedere un concerto di Paolo Conte, il suo viaggio è tutto lì, nelle rughe della sua faccia. Sai che è partito Paolo Conte dalla stazione di partenza e che è arrivato Paolo Conte alla stazione di arrivo. Che per tutto il viaggio avrà pure preso appunti delle diverse città per cui è passato, ma che gli occhi con cui avrà filtrato le singole “cartoline” saranno sempre i suoi. Non sono sicurissimo che lo stesso si possa dire di Capossela. Sinceramente faccio fatica a rintracciare il timido cantore di storie amare (ma a distanza di anni quanto è ancora bella Modì!!!) con l’istrionico capobanda, animatore della “festa di piazza”, che si è esibito questa sera?!! Poi ricordo che già agli inizi, il nostro cantore scrisse con vivo trasporto la meravigliosa “Ultimo Amore” intercettando acustiche strimpellate dal gusto mariachi e allora, dal basso pulpito di pubblico ministero male in arnese in cui mi trovo, rimetto alla corte un giudizio che in fondo non è compito mio emettere e torno a parlare del singolo concerto.

​Palermo, piena estate. Uno degli spazi più belli della città. Acustica ottima, pubblico delle grandi occasioni. Il palco è addobbato come un sacrificio votivo al Dio di tutti le messi. Grano… tanto grano… troppo grano. Luminarie di Paese echeggiano di feste ancora molto sentite. I parroci di tanta Italia saranno felici che questa sera si onorano, una volta di più, tutti i Santi. La processione è dietro l’angolo che scalpita. San Vito a chiudere. Il nostro eroe popolare cambia mille cappelli. Ad ogni canzone un colore diverso, un’intonazione diversa. La band lavora bene. Le introduzioni ai pezzi sono molto più chiare rispetto a quelle di qualche tempo fa. Meno intime, meno “misteriche”. Il rito deve essere ben codificato e chiaro a tutti. Anche le bacchettate, tuonano un po’ retoriche. Ma è così che funziona oggi. Al pubblico piace essere preso un po’ di petto. In fondo è giusto quello che dice: “Abbracciatevi, tenete le mani impegnate con le carni, non con i telefonini”, ma non suona un po’ sentito, un po’ antico, un po’ paternalistico tutto questo? Ci si impegna veramente perché le cose vadano differentemente, quando il portafoglio si è finalmente riempito, e non rimane che il vago ricordo di una vita asimmetrica da cui si, si poteva arringare?! C’è anche la compiaciuta giuggiola: “Erano dieci anni che non suonavo a Palermo d’estate, ma ne è valsa la pena” (-Bravo-Grazie!, con buona pace del Proietti omaggiante Petrolini). I riti funzionano, compreso quello per promuovere il nuovo e attesissimo album “Le canzoni della cupa” (Produzione La Cupa, Distribuzione Warner). O meglio il suo capitolo “terrestre”, il “lato” definito alla sua presentazione della “polvere”. Dal quarto pezzo tutti giù a ballare, così si esorcizzano i fantasmi. Così si allontana il demonio. Fino al mascherone che lo incarna, quel caprone che ci rapisce con la sua malia tentatrice, che non sia il 15 giugno e nemmeno il 20 marzo non importa a nessuno: “il muschio sulla pietra che rotola non ci cresce”. Tutti a saltare, in un delirio che ha contagiato anche il mio piedino destro, tutti intenti a scacciare un satanasso rincuorato da un’ aria d’opera che rinfresca dall’afa e ristora dall’umidità che la vegetazione attorno sprigiona. Il silenzio non è mai più silenzioso di quando c’è tanto frastuono attorno. Siamo tutti salvi, tutti redenti… il suo è un trascinante battesimo del sudore, una rincorsa all’applauso finale roboante. Vinicio Capossela ce l’ha fatta ancora, davvero bravo lui! Non sono sicurissimo di aver visto un concerto, forse più di aver percepito le energie terrestri di un rito apotropaico. Guardo il cielo. La luna è ancora accesa… 2 a zero per noi, popolo di questo meraviglioso pianeta.
 
MASSIMILIANO AMOROSO
Photoset by AZZURRA DE LUCA
 
Credits: si ringrazia Musica e Suoni per la gentilissima disponibilità e la perfetta organizzazione dell’evento.