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THE WINSTONS – live @ Bolazzi Palermo 25-1-2016

THE WINSTONS – live @ Bolazzi Palermo 25-1-2016

Sbarcano i Winstons al Bolazzi e vado a vederli con più di un pregiudizio. Personalmente non ne posso più dei gruppi italiani ossessionati dal suono vintage. Band che ricercano (con anni di forse colpevole ritardo) un sound Abbey Road “alla matriciana” che il più delle volte non ha alcun motivo di esistere. E invece, sin dalle prime note, si percepisce che il linguaggio parlato dalla band mastica bene quel tipo di sonorità e che le scelte musicali operate danno credibilità ad un progetto che pare essere qualcosa in più di un semplice side-project dei noti Enrico Gabrielli (Calibro 35), Roberto Dell’Era (Afterhours) e Lino Gitto (UFO).

Il sospetto che ho, in verità, è che se i su citati non militassero (o non avessero militato) in certe formazioni, presentandosi da esordienti con questo tipo di proposta e visto il momento storico, non avrebbero il pubblico che hanno, ed il febbricitante Enrico Gabrielli dovrebbe perdonare se qualche ingenuo ragazzotto del pubblico continua con insensata insistenza a chiedere questa o quella cover, questo o quel pezzo dei “Calibro” e degli “After”. Può essere fastidioso e in definitiva folle che qualcuno vada ad un concerto a vedere una band richiedendo brani di un’altra, non ci piove, ma ai miei tempi quando una sala (per quanto piccola) arrivava ad essere piena come un uovo, si ringraziava sempre il proprio Dio per il “pane quotidiano” che ci si stava guadagnando. In definitiva ciascuno ha il pubblico che si è costruito nel tempo ed arringare a questo con superiore snobismo, “perculandolo” con metodicità, è una pratica “tribale” che vedo perpetrare da tanti di quegli artisti che, vuoi per bravura oggettiva, vuoi per un po’ di culo, si trovano a suonare in contesti sempre piuttosto fortunati. In fondo suonare I Know what I like (in your wardrobe) a quaranta e passa anni dell’uscita di Selling England by the Pound non è ‘sta gran novità e se proprio si vuole fare gli splendidi, che almeno non si “toppi” tutto il secondo ritornello, stonandolo come non fanno più nemmeno le campane di paese!

Per quello che riguarda il repertorio originale invece niente da dire. Sound credibile, potente, sincero. Forse più adatto ai grandi palchi che non ai piccoli club. Lo spettro sonoro è pieno. Tutte le frequenze ben coperte, nessun vuoto, anzi: ottimo sound rotondo ed acido. La composizione risente delle profonde differenze di gusto che dividono “Enro Winston” da “Rob Winston”. Più cerebrale e scolastico il primo, che ha sempre la tendenza a leggere qualsiasi sviluppo armonico in chiave prog, più lunare e beatlesiano il secondo, con la caratteristica peculiare di armonizzare le voci. Espediente che, nonostante mirabili esempi del passato, ancora pochi praticano e che pure tanta efficacia rende. Personalmente rivedrei il suono della Eko di Gabrielli, alle volte davvero troppo pesante. Come sul secondo pezzo eseguito, in cui sembrava di ascoltare un’overture dei Balletto di Bronzo che nel 2016, anche no! Più misurato invece l’uso del bel Rhodes, impiegato quasi sempre per fare i bassi con la mano sinistra.

Più indovinate ho trovato altre soluzioni di stampo beatlesiano. Come sulla terza traccia proposta, in cui da un incipit “soft-porno” si dipana una bellissima armonizzazione di voci che deflagra in un robusto “finale noise” come lo si intende nella terra d’Albione, con rimandi alle parti chitarristiche degli Who, nonostante il trio nostrano, di chitarre non ne abbiano alcuna. Ed è forse proprio in quest’ultimo ossimoro figurato che si nasconde la parte più creativa ed interessante di questo progetto.
Il concerto fila via piacevole. Qualche intervento di Gabrielli con il sax (zona Busnello) ed al flauto arricchisce di ulteriore colore una gamma di suoni piuttosto vasta. La ritmica di Gitto è rudimentale, ma piacevole. Sempre ordinato, sempre quadrato. Sulla carta parrebbe il punto debole della catena e invece, secondo me, ne è il punto di forza. Semplici, ma belli, i suoi sporadici interventi alle tastiere. A vederlo non si direbbe, ma trasuda una sensibilità magniloquente. Come preziose sono le linee di basso di Dell’Era. Leggero ed elegante anche quando distorce il suo suono. Lo strumento semiacustico pieno di ammaccature dice tanto di lui. Della sua leggerezza. Della sua soavità tutta on the road che “ci piace a lot!”. Un “guitto saltatempo” che entrato nei cessi di qualche insulso locale della Liverpool anni ’70 (quella in cui già tutto era successo, ma ancora se ne respirava l’aria) ha trovato un tunnel spazio temporale e ci si è inoltrato senza remore, ritrovandocelo oggi a “zompettare” e “sculettare” sul minuscolo palco di questo simpatico bistrot, con il foulard maculato al collo, felici che vi sia ancora qualcuno in grado di dare un po’ di brio a questi anni di fine primo ventennio del 2000. Ma si, chi se frega se nella tradizione popolare sarda (non me ne vogliano i Sardi, è giusto per dire una roba) le armonizzazioni si eseguono per quarte. Questa è la vera essenza di ciò che ci piace: un po’ di sincera semplicità! Peace, Love e tanto Rock’n’Roll a tutti voi…

MASSIMILIANO AMOROSO
Photoset by AZZURRA DE LUCA

 
Band:
Fiati/Tastiere/Voce – Enrico Gabrielli
Basso/Voce – Roberto Dell’Era
Batteria/Tastiere/Voce – Lino Gitto
 
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