Now Reading
Bohemian Rhapsody by Bryan Singer – Freddie Mercury and QUEEN – By Elena Arzan …

Bohemian Rhapsody by Bryan Singer – Freddie Mercury and QUEEN – By Elena Arzan …

“I won’t be a Rockstar, I will be a Legend” – Freddie Mercury 

Se avete visto “Bohemian Rhapsody”, sono piuttosto certa che abbiate ancora nel sangue quel ritmo indimenticabile del Rock marcato Queen, sono anche sicura del fatto che vi siate commossi, con l’impressione per qualche lungo istante, di rivedere Freddie sul palco. L’intro di “We Will Rock You”, il coro in ascesa di “We Are the Champions”, l’ipnotica “Bohemian Rhapsody”… chi non è spinto a cantare quando sente questi brani, battendo i piedi a ritmo?  Sono trascorsi più di 25 anni dalla morte del frontman più acclamato del mondo,  eppure Freddie Mercury e la sua musica sono vive. Freddie ha ridefinito e superato gli stereotipi, proprio come la musica dei Queen si rifiuta di essere inserita in qualsiasi genere tradizionale. Forse è per questo che la band è un fenomeno così generazionale, multiculturale e globale. Chi potrebbe dimenticare la performance di Freddie Mercury , durante il concerto Live Aid del 1985, che ha mandato la folla in tilt? Nessuno. Proprio per questo motivo il film “Bohemian Rhapsody” del regista Byan Singer inizia e finisce con l’iconica performance Live Aid dei Queen. Live Aid è stato uno degli eventi culturali più importanti degli anni ’80, riunendo le più grandi star del mondo in un concerto di beneficenza su due palcoscenici, il Wembley Stadium di Londra e il John F Kennedy Stadium di Filadelfia, il 13 luglio 1985. Organizzato da Bob Geldof e Midge Ure per raccogliere fondi per le persone colpite dalla carestia in Etiopia, il concerto è stato uno dei più grandi collegamenti satellitari e trasmissioni televisive di tutti i tempi, visto da un pubblico di 1,9 miliardi di persone in 150 paesi in tutto il mondo. Rami Malek, vincitore del premio Emmy, indossa i panni di Freddie Mercury in “Bohemian Rhapsody”, il bio-film prodotto da Graham King, che celebra la musica e la vita straordinaria del re del pop rock.

“Il film è una celebrazione della musica e porta avanti l’eredità dei Queen e di Freddie, rapportandosi ad un’intera “nuova generazione di Freddie” – dice King – “Provengo dalla Hollywood dei grandi film, è stato naturale per me pensare, che la storia meritasse di essere raccontata a quel livello”.

King ha ricevuto una telefonata dal pluripremiato scrittore Peter Morgan, che lo ha persuaso ad acquistare i diritti sulla storia di Freddie Mercury e della band Queen, che aveva personalmente narrato e curato.

“Stavo girando il film Hugo e Peter mi ha chiamato e mi ha chiesto se mi piacessero i Queen” – ricorda. “Ho detto sì, io amo i Queen! Mi disse che stava scrivendo questo copione, lavoro in cui avrei dovuto pensare di essere coinvolto, in quanto nessuno aveva i diritti sulla loro storia.” ​

King conosceva la vita di Freddie tra gli anni ’70 ed ’80 a Londra, dopo una lunga conversazione telefonica con Jim Beach, l’avvocato della band, ed un incontro con i membri fondatori, il chitarrista Brian May e il batterista Roger Taylor, sigilla l’affare. Inizialmente sia King, che May e Taylor erano preoccupati per il progetto, portare in scena la leggenda del rock, rendendo giustizia al personaggio di Freddie, non era un compito semplice, tutti siamo al corrente delle critiche e perplessità, che ogni coinvolgimento della band con altri musicisti/vocalist abbiano generato, ma il curriculum di King era stupefacente, aveva prodotto film pluripremiati su personaggi importanti come Howard Hughes di The Aviator, Muhammad Ali di Ali, l’ex ufficiale della CIA Tony Mendez di Argo, pertanto l’ansia si è placata.

“Graham King è un produttore meraviglioso che è stato con noi lungo tutto il percorso” – afferma May – “Ci sono stati momenti in cui Roger ed io pensavamo che non ce l’avrebbero mai fatta. Quindi il fatto che Graham sia riuscito a metterlo insieme con una squadra e un cast così grandi è molto eccitante.”

Non sorprende che Freddie Mercury abbia ancora un posto speciale nel cuore di Brian May. “Ci sono troppi ricordi di Freddie”, ricorda con affetto. “Ricordo quel sorriso sardonico e quella scintilla nei suoi occhi. Avrebbe potuto dire qualcosa di totalmente inappropriato e pungente in questo momento, ma era divertente e simpatico, e non aveva un solo punto di cattiveria nel suo essere. Aveva un temperamento piuttosto adrenalinico e se ci fosse stato un confronto, lui avrebbe affrontato il problema, fingendo poi di non volerlo sapere. Ricordo il grande calore umano che Freddie aveva e la sua incapacità di perder tempo. Era sempre concentrato, sapeva sempre cosa voleva ottenere da una situazione. E questa è una buona lezione da imparare, anzichè cercare di accontentare tutti in una particolare situazione.”

May e Taylor sono rimasti colpiti dalla tenacia e dall’impegno di King, il progetto ha attraversato diverse rivisitazioni fino a quando non ha finalmente raggiunto lo schermo. Il film si focalizza sul lasso di tempo che va dal 1970 al 1985, tracciando l’ascesa della band, attraverso tutte le problematiche di carattere umano e professionale, che il lavoro di un artista comporta. La musica è il conduttore principale del film, che scorre ad un ritmo assolutamente palpabile, portando il pubblico spesso al desiderio di battere i piedi a ritmo, cantare in coro, percepire quella magia e l’alone carismatico di una rockstar, la cui vita presenta marcate ombre ed accesi riflettori. Mentre i Queen raggiungono un successo inaspettato, Freddie è circondato da oscure presenze sotto l’influenza negativa di Paul Prenter, che come tutti possono osservare, compromettono il futuro della sua esistenza, portandolo a scegliere di lasciare la band e dedicarsi per un relativamente breve frangente alla carriera solista, nonchè ad indulgere in una serie di comportamenti ed abitudini, a causa dei quali contrae l’AIDS. Dopo aver sofferto molto l’assenza dei Queen, la sua seconda e forse più importante famiglia, accusando la mancanza anche della loro della loro loro collaborazione professionale,Freddie riesce a riunirsi con i suoi compagni di band giusto in tempo per Live Aid. Il concerto arriva in un momento cruciale in quanto riporta la band insieme dopo il trasferimento di Mercury in Germania, dove registra i due album da solista.

“Bohemian Rhapsody si rapporta ad un’intera “nuova generazione di Freddie” – dice King – il suo passato a Zanzibar, il suo arrivo a Londra come immigrato, il pregiudizio che ha affrontato durante la crescita, la sua timidezza ed insicurezza sul suo aspetto, come ha combattuto su tanti fronti diversi, la sua grandezza come cantautore e musicista, come ha trovato un’altra famiglia nella band, la sua reinvenzione nei panni del più grande esecutore del mondo, il suo comportamento oltraggioso pur rimanendo sempre qualcuno che tutti amavano, il tutto incorniciato dalla creazione di un sound nuovo ed innovativo per l’epoca. Il periodo che va dal 1970 al 1985 è stato il più importante nella vita di Freddie e della band, che si conclude con il trionfo del Live Aid.”

C’è un aspetto particolarmente attuale nella storia di Freddie, che viene portato in scena con assoluta dignità e forza all’interno di Bohemian Rhapsody, ed è la lotta per la propria affermazione come minoranza etnica ed immigrato. Farrokh Bulsara, questo il vero nome di Mercury, nasce a Zanzibar, all’epoca un protettorato britannico, lo pseudonimo Freddie gli sarà attribuito all’età di otto anni, quando frequenta un collegio scolastico britannico a Panchgani, nei pressi di Mumbai, in India, luogo in cui il Preside nota il suo incredibile talento musicale e durante la permanenza nell’Istituto, Farrokh impara pianoforte. L’arrivo in Inghilterra coincide con la sua maturità, a 18 anni la famiglia si trasferisce vicino all’aeroporto di Heathrow di Londra, Freddie inizia a lavorare in una compagnia di catering a fianco. Meraviglioso è stato il tributo in suo onore da parte dello staff di Heathrow, per la ricorrenza del suo compleanno quest’anno, immagini e video del quale si possono trovare online. Con la forte pressione di Brexit, i tumulti in seno all’Unione Europea, la situazione legata al problema dell’immigrazione, che sta coinvolgendo in larga parte tutto il mondo, non è difficile immedesimarsi in alcuni degli aspetti legati alla vita di Freddie, impossibile non condividere il suo stesso desiderio di libertà, rivalsa personale, voglia di conquistare un posto dignitoso nel mondo e perchè no… diventare i numeri uno nel proprio settore.

“Penso che Freddie sia stato qualcuno che ha riunito le persone, indipendentemente dalla razza, dalla sessualità, dalla nazionalità; le persone si univano quando Freddie appariva sul palco” – dice King.

Rami Malek, che avevamo già potuto apprezzare nel remake del capolavoro “Papillon”, in cui veste gli stessi panni di Steve McQueen, è perfettamente convincente nella sua rappresentazione di Freddie, le movenze, l’intonazione della voce nel parlato, fin dal primo sguardo all’inizio del film, mentre i titoli di testa sfumano, proviamo un tuffo al cuore, con la semi convinzione di aver di fronte la Rockstar in persona. May e Taylor hanno fatto parte del team durante l’intero processo creativo, dietro richiesta di King, assicurando con il loro coinvolgimento, che il film rimanesse fedele alla storia.

“Il film racconta le loro storie di vita e nessuno lo sa meglio di loro”, dice King. “Puoi leggere tanti libri e articoli di riviste e guardare quanti video e interviste, ma quando puoi davvero sederti con i ragazzi che ti raccontano aneddoti su Freddie e la storia che hanno vissuto, qualcosa che non scoprirai mai oggi, questo ha un valore insostituibile ed unico per me. Sentivamo tutti che non dovevamo fare il film a meno che non fosse tutto a posto – storia, cast – tutto doveva essere perfetto. Il punto fondamentale per me è che tutti i soggetti coinvolti siano orgogliosi della narrazione, per essere soddisfatti di un film sulla loro vita, che verrà mostrata in tutto il mondo.”

Ma Bohemian Rhapsody non è un film meramente biografico, la sua grande forza nasce proprio dalla musica dei Queen, che coinvolge e racconta oltre all’immaginazione, oltre ai dati di carattere oggettivo, Freddie è tanto presente nella performance di Malek, quanto nel controaltare della musica che lui stesso ha creato, un aspetto che in un certo senso, potremmo dire, contribuisce a colmare ogni eventuale spazio vuoto, rendendo il film assolutamente perfetto. Un personaggio, la musica, che diventa palpabile, rivendicando una genesi, la narrazione della sua stessa vita.

Come fa una band a creare la sua musica? È una cosa davvero difficile da mostrare sullo schermo”, dice King, orgoglioso del fatto, che il film sia riuscito a mostrare come la musica dei Queen fosse creata. “Non è solo la storia di Freddie, è anche la storia di come hanno creato il suono. e di come hanno inventato “Bohemian Rhapsody”.

Una delle scene, che May è stato particolarmente lieto di vedere inclusa è stata la prima apparizione del gruppo sul leggendario programma della BBC Top of the Pops nel 1974 con “Killer Queen”, che ha spinto la band verso la celebrità internazionale, nonostante o forse grazie alla prestazione scandalosamente suggestiva di Freddie e l’outfit ancor più oltraggioso.

“Un gruppo aveva annullato all’ultimo minuto la sua partecipazione, ci siamo trovati coinvolti all’improvviso”, dice May. “Ma è stato molto strano per noi perché la regola della BBC è che nessuno suoni dal vivo, bensì in playback. Non mi sono mai sentito a mio agio fino in fondo. Dato che la hit raggiunge la prima posizione della classifica, rimanendoci per sei settimane, Top of the Pops ripropose il video per sei settimane. Non ci siamo resi conto al tempo, che sarebbe stata riproposta in tutto il mondo, con lo stesso risultato. Ad esempio, in Australia, dove non avevamo guadagnato molto, l’impatto fu enorme. Quel video ci ha davvero trasformati in star.”

La decisione di chiudere il film con quell’incredibile esibizione dal vivo, mette tutti d’accordo. Ognuno ha i propri ricordi personali di quel giorno, ma un significato lo ha avuto in modo speciale per coloro che si sono esibiti lì, in particolare Brian May. “Posso ricordare la fretta, tutto è stato veloce ed emozionante”, ricorda. “Perché è stato davvero unico ed allo stesso tempo terrificante in senso buono. Come ogni concerto, una volta salito sul palco provai un grande sollievo. Sei contento se non ci sono errori, se tutto scivola liscio sui binari e la tua performance è stata buona. È stata una bella sensazione, e ricordo che Bob Geldof era molto contento. È un grande ricordo perché tutti hanno spazzato via il loro ego e si sono sostenuti e incoraggiati a vicenda.”

L’esibizione dei Queen fu una manna celeste per gli organizzatori di Live Aid dice King – La gente stava guardando la tv nel Regno Unito, ma nessuno telefonava per donare denaro, che era il fine unico dell’intero concerto. Freddie è arrivato sul palco insieme alla band, portando in scena una performance, che avevano provato per tre settimane, un set perfetto di 20 minuti, che ha coinvolto tutti. È stato un momento da brividi. Quando Freddie ha detto alla gente di telefonare, la gente lo ha fatto! I Queen hanno ottenuto la più grande donazione singola, circa 1 milione di sterline, che a quei tempi era enorme!”

Bohemian Rhapsody non solo alimenta la leggenda senza eguali di uno dei più grand frontman di tutti i tempi, la Rockstar che ha cambiato il corso della musica, abbattuto stereotipi sociali, inventato nuovi modi di espressione, il film consegna anche un messaggio di speranza attraverso le parole di Mary, quell’innuendo che espresse a Freddie e che è importante per tutti coloro, che si trovano a doversi confrontare con paure, oppressione e situazioni difficili: “Non vedi chi puoi essere? Puoi essere qualunque cosa tu voglia essere”.

My soul is painted like the wings of butterflies · Fairy tales of yesterday, grow but never die. I can fly, my friends.
Show must go on!

– Elena Arzani


BOHEMIAN RHAPSODY, 2018
DIRECTED BY Bryan Singer
SCREENPLAY BY Anthony McCarten
STORY BY Anthony McCarten and Peter Morgan
CAST Rami Malek, Lucy Boynton, Gwilym Lee, Ben Hardy, Joseph Mazzello, Aidan Gillen, Tom Hollander, Allen Leech, and Mike Myers​


Autore

Elena Arzani
​ Art director, fotografa ed editor di musica, arte contemporanea e moda. Ha intervistato alcuni dei nomi più importanti della scena musicale e non, tra cui Tina Turner, Giorgio Armani, Doug Aldrich, Joey Tempest, Giovanni Allevi, Harry Waters,  Stef Burns e molti altri.
Docente Universitaria presso il Central St. Martin’s di Londra (UAL University of the Arts, London), stesso istituto in cui ha conseguito il Masters di Laurea in Arts. Esercita da circa 25 anni nei settori della moda, pubblicità, editoria dell’arte contemporanea e musica nelle città di  Milano, Parigi, Lugano e Londra. ​