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OBLOMOV – Intervista al duo russo

OBLOMOV – Intervista al duo russo

Mi piacerebbe che vi raccontaste un po’ cominciamo da te Ilja…
Ilja: questa è la classica domanda che metterebbe in difficoltà chiunque, per cui dovrei pensarci almeno fino alla prossima intervista…a parte gli scherzi, sono nato nel secolo scorso in una fredda mattina di un febbraio pietroburghese.da allora è nella musica che ricerco il focolare che mi scaldi.e riguardo la musica non ho preferenze, penso che si possa ascoltare con gioia un organetto strimpellato all’angolo della strada cosi come l’orchestra all’opera.
Zachar: in realtà Ilja non ci ha detto che suona il pianoforte da quando aveva quattro anni, e che ancora ha sulle dita i segni delle bacchettate del maestro Sokolov.
Ilja: ho smesso per quello. una sera ho visto Boris Grevenshikov degli Akvarium con i synth e ho capito che, in fondo, non era necessario faticare per esprimere le proprie idee.
Nel corso degli anni, poi, si è delineato un diverso approccio riguardo al concetto di strumento musicale e di creazione-produzione. Ma è un altro discorso.
Il concetto di musica universale  – a mio avviso – traspare da molte vostre composizioni tra da “Sound of the Soul”, siete d’accordo?
Zachar: bellissimo il concetto di musica universale. Si, è un discorso che parte dai miti greci reinterpretati dal genio visionario di Adriano Fida e si conclude nel nostro studio di Bologna, passando da suoni catturati ovunque per le strade del mondo. Prima di chiuderci in studio per registrare il disco abbiamo girovagato per alcuni mesi tra Giappone, Indonesia e Vietnam, e poi ancora nel sud Italia a caccia di paesaggi sonori. I turisti di solito vanno in giro con la macchina fotografica, noi con un registratore audio, una chitarra classica e un marranzano.
Ilja: Per me è fondamentale la lezione di Adriano, che con i suoi quadri fa riemergere la poesia, quasi “primordiale”, nascosta tra le pieghe del quotidiano. Con “Sound of the Soul” abbiamo cercato di rappresentare al meglio il ronzio di fondo che pervade la  contemporaneità. E spero che gli Oblomov lo abbiano reso un po’ più poetico. La cacofonia come sentiero oscuro verso l’armonia.

Come siete entrati in contatto con l’artista Adriano Fida che ha sicuramente suggellato il rapporto tra voi e l’Italia?
Zachar: E’ stato in Russia, due anni fa. Io come al solito me ne andavo in giro la mattina lasciando Ilja a dormire. Adriano era appena uscito da una mostra all’Accademia e in uno strampalato inglese mi chiese dove servissero la migliore vodka a San Pietroburgo. Dal cappello capii subito che era Italiano. Sono cresciuto con i film di Lino Banfi e Gianmaria Volontè in lingua originale con i sottotitoli in cirillico. Lui di quel pomeriggio non ricorda quasi più nulla. Neanche che ad un certo punto Ilja E Olga si sono uniti a noi al Pivnoi Etiket bar. Tutti nostri amici, nei giorni successivi, hanno voluto conoscere lo strano, simpatico artista Italiano col cappello. E la vodka che abbiamo bevuto non si conta più, mentre nasceva l’idea di mettere in musica i suoi quadri.
Ilja: Dopo un invito di Adriano a trascorrere un mese al mare tra le rovine magnogreche di Kaulon, dove ha una bellissima villa, è stato naturale innamorarsi dell’Italia. Li è nata la nostra prima creatura, Echo. Scritta nello studio di Adriano, davanti al quadro. Stabilirsi a Bologna è stato il passo successivo. E’ una città molto accogliente, dove sembrano incrociarsi tante energie sotterranee. Qui abbiamo continuato  a trarre ispirazione dalle sue opere per comporre musica e il risultato finale è un disco ibrido, che puoi ascoltare o anche appendere. Potrebbe essere un quadro da ascoltare..

Non mi è mai piaciuto incasellare chi fa musica in un’etichetta, ma per presentarvi a chi (ancora) non vi conosce, inquadrarvi in un contesto post-rock d’atmosfera dalla forte connotazione sperimentale, vi ci rispecchiate?
Ilja: Sicuramente rende l’idea. Anche se spesso ci capita dopo un concerto di essere associati a band come cure, massive attack, radiohead, depeche mode. Ovviamente non ci vogliamo paragonare a questi nomi (o numi), è per dire che quello che facciamo, anche scenicamente, è intriso di una grande varietà di elementi, a volte anche contrastanti, per cui è difficile etichettarci, soprattuto se a farlo siamo noi. Facciamo semplicemente la musica che ci gira, senza partire da modelli predefiniti.
Zachar: Il lato sperimentale viene amplificato anche per effetto dei video di Flavio Sciolè, un videomaker che ci ha presentato Adriano la scorsa estate. Basti pensare che durante i live una vecchia televisione  ogni tanto interviene e quasi si intromette nella trame musicali. I lavori da lui  realizzati per i brani “sound of the soul”, “sono una creatura” ,”No one can ever possess” e “Sirena in burlesque”  dimostrano come artisti di mondi apparentemente distanti  possano esprimersi simultanemente,dando il via a un flusso creativo di cui non conosciamo ancora la direzione.
Ilja:La tv sempre accesa in casa non è forse un’anti-colonna sonora permanente?

Dopo la piacevole sorpresa di “Sound of the Soul”, dobbiamo aspettarci un seguito nella stessa direzione o potreste anticiparci qualche novità per il 2016?
Zachar: Grazie per il complimento anzitutto. Al momento ci stiamo preparando per alcune date estive, durante le quali presenteremo  il “room circus”, uno spettacolo realizzato con una compagnia di circo contemporaneo. Ai nostri comodi divani faranno da contrappunto trapezi e tessuti aerei.
In studio la ricerca continua sempre, anche se con tempi e modi oblomovistici (sveglia tardi, cibo spazzatura, playstation e Maria De Filippi). Vorremmo scrivere i primi pezzi del nuovo album partendo dal silenzio metafisico di Roghudi, paese abbandonato in Calabria che abbiamo scoperto l’anno scorso, dove ci stabiliremo per circa un mese a settembre. In tenda, senza elettricità, agi e comodi, con una chitarra,una diamonica e molti quaderni.
Ilja: Una piacevole sorpresa per noi è stata di recente una collaborazione con un colonna della vostra musica leggera, Don Backy. A breve pubblicheremo la nostra versione in inglese de “l’immensità”, dove io ho avuto l’onore di duettare con un grande artista italiano. Qualche settimana fa abbiamo realizzato una cover di “Russians” di Sting, con un video  che potete vedere su
https://www.youtube.com/watch?v=HZxWJKQdvEA

Grazie per la disponibilità, e – come buon augurio – che ne dite di regalare un arrivederci in russo ai fan italiani?
Vi salutiamo con una perla di saggezza russa che a noi ha un po’ cambiato la vita: Chiunque neghi al gatto il latto scremato dovrà dare la panna al topo.
Spasibo ital’yanskikh druzey!

CLAUDIO CARPENTIERI

Membri:
Ilja Iljc Oblomov
Zachar Trofimov
 
La recensione su Tuttorock del disco
OblomovTV
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