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JOEY TEMPEST – Intervista al cantante degli Europe @ CONFERENZA tHE wAR OF kINGS

JOEY TEMPEST – Intervista al cantante degli Europe @ CONFERENZA tHE wAR OF kINGS

È l’inizio di Febbraio ed io, Elena Arzani, e la mia collega Francesca Mercury, siamo ancora quasi incredule che Joey Tempest, il grandissimo cantante svedese degli Europe, ci abbia dato un appuntamento per discutere a tu per tu, del nuovo album “The War of Kings”.
Avete compreso bene, non si tratta di una conferenza pubblica, come quelle tenute in Francia e Germania, no, Mr. Tempest ha riservato a noi italiani un momento decisamente più speciale ed intimistico. Ed eccoci qui, onorate da una tale occasione, sedute a tavolino con una delle più grandi star del rock, che ci affascina ogni istante sempre più, per la squisita gentilezza nei nostri confronti, la disponibilità e cordialità. In italian style diremmo “eravamo 3 amici al bar”, ma lui…ladies and gentlemen è: Joey Tempest! Rullo di tamburi per “The War of Kings”: gli Europe stanno tornando!!!

JT – Ciao, parlo un po’ italiano, perché sono stato molto spesso in Italia durante le mie tournée in passato.
FM/EA – Già, ci ricordiamo bene i concerti degli Europe.

JT – ma voi siete certamente troppo giovani per ricordare…
FM/EA – …niente affatto

JT – Probabilmente verremo di nuovo in Italia dopo l’estate, abbiamo in progetto un tour in UK a marzo, America in Aprile,  Summer Festival in diversi stati. Un Tour Europeo dopo l’estate.
Con gli Scorpions in Francia, come special guest. Forse in Ottobre qui in Italia.

EA – Vi aspettiamo fin da ora! L’album è fantastico, ci è davvero piaciuto molto.
JT – Ti ringrazio! Fino ad ora abbiamo ricevuto entusiastici feedback. È incredibile come il tempo scorra in fretta e questo album così emozionale, sia stato creato in uno lasso di tempo rapidissimo. Pensa che non abbiamo ancora in mano il CD fisico!

EA – Incredibile…
JT – Davvero! Ovviamente abbiamo lavorato molto duro, il mixaggio e la comunicazione finale del progetto.

EA – Tutto questo deve rappresentare una grossa emozione anche per te quindi…
JT – Si! Specialmente per questo album, così emozionante. Dave Cobb è stato fantastico…

FM – E’ un grande produttore…
JT – Assolutamente

FM – Il numero 1
JT – Concordo. Ho sempre desiderato lavorare con lui, perché non è solo un produttore, ma anche un musicista. Questo fà molta differenza, perché la maggior parte dei produttori è in grado di suonare qualche strumento, ma Dave suona la chitarra, la batteria e mi ha detto di aver accettato con interesse il nostro progetto, perché da ragazzo suonava la batteria esercitandosi sulla base delle canzoni degli Europe! Quindi era un nostro fan! Lo stavamo contattando per proporgli il progetto, dicendoci “non accetterà mai, figuriamoci se può interessargli dato che è un giovane produttore americano sulla cresta dell’onda!” e non potevamo immaginare, che invece lui fosse stato un affezionato ascoltatore! Quindi ci rispose: “Assolutamente si!”.

FM –  Alcuni produttori sono maggiormente specializzati come ingegneri del suono.
JT – verissimo, Kevin Shirley è fantastico, ma non è un ingegnere del suono, come Cobbb. Dave suonava la chitarra per mostrarci i pezzi e come produttore musicale, è il migliore. Bag of Bones, per esempio, è stato un album dal sound rock con un un’influenza blues, più diretto. Abbiamo lavorato maggiormente sui dettagli in “The war of Kings”. L’atmosfera e musicalità più cupa e dark, un affinamento dei suoni. Conoscete i Rival Sons? Perché è grazie a loro, che abbiamo conosciuto nostro attuale produttore. Un talentoso cantante, un fenomenale batterista, in definitiva una grande band! Quando ascoltavamo la registrazione di: Pressure and time, rimanevamo a bocca aperta all’idea che qualcuno potesse effettivamente lavorare in quel modo, che qualcuno avesse a cuore la produzione di un lavoro di tale livello. Perché sapete negli anni ottanta e novanta la situazione divenne piuttosto folle in termini di produzione musicale per tutti i gruppi rock compreso nostro. Ognuno tentava di avvalersi dell’utilizzo dei nuovi strumenti digitali, noi compresi. Ma al momento esistono solo poche persone che sanno registrare in modo perfetto: Dave Cobb è una di queste. Riesce a creare suoni fantastici: caldi, toccanti, meravigliosi e questa è la forza del suo lavoro. È fenomenale!

EA – Ho avuto una sensazione molto simile ascoltando il vostro album, è intenso forte, emozionante. Ricrea atmosfere piuttosto calde, in cui la batteria talvolta in particolare suona in modo prepotente, picchia duro, dando uno spessore al tutto, un’intensità emotiva e oserei dire più matura alla musica dei brani stessi.
JT – Concordo. Sì, la musica ed il suono sono in un certo qual modo più profondi, arrivano dal cuore. Tutto è così intenso, lo si comprende soprattutto dal suono della batteria. Questo è stato ottenuto dal fatto, che Dave camminava intorno alla stanza, cercando l’angolazione migliore per catturare il miglior suono, puoi accorgertene da come martella la batteria, ha tentato di ottenere una profondità di suono maggiore e quindi una emozioni stratificate. Abbiamo cercato di pensare a tutto in questo album, pertanto è vissuto, sentito ed anche molto spesso, ricco di emozioni come per esempio nel brano “Angels with a broken hearts”. 

FM – Avete inserito solo una ballads in questo album…
JT –  Potrei acconsentire in effetti, ma in credo che anche “Praise you” sia una ballads, nonostante sia piuttosto tosta. Noi non pensiamo più in quel modo, ossia scriviamo “una ballads” oggi giorno scriviamo solo canzoni. E non saprei neppure valutare se qualcuno comprende il significato di ballads, sono bellissime canzoni ma forse con un tono più morbido, emozionale. Non abbiamo mai fatto una canzone come “Angels with a broken hearts” prima d’oggi. L’abbiamo scritta in studio con Dave, la notte in cui Jack Bruce è morto, abbiamo ricevuto la notizia per telefono dalla sorella ed il testo della canzone, si è colmato dei nostri pensieri su coloro che vengono a mancare, i membri della famiglia che perdiamo, una canzone struggente, divenuta davvero speciale. Anche “Vasastan” è molto dolce comunque…

FM – C’è un’influenza musicale, forse un tributo ai Pink Floyd?
JT – A dire il vero è buffo tu lo dica, alcuni considerano il modo di John (Norum) di suonare la chitarra, piuttosto Gilmouriano. Tuttavia ricordo che mentre stavano scrivendo i pezzi chiave dell’album, Mic e John stavano parlando di Pink Floyd, quindi credo avessero quello in mente…

FM – Qualcosa tipo “Shine on you crazy diamond”?
JT – Beh, sei la prima a dirlo, ma in effetti stavano parlando delle produzioni dei Pink Floyd, mentre lavoravamo in studio…

FM – La line up della band per questo album può considerarsi una reunion?
JT – È la stessa formazione di “The final countdown”. 

EA – Vorrei farti una domanda, avendo letto che consideri questo album come quello che avresti sempre voluto registrare, come mai non ti è stato possibile farlo in precedenza? quali sono stati i problemi che hai incontrato?
JT – Penso semplicemente che noi non fossimo pronti, in termini di esperienza. Bag of Bones è molto bello, ma penso che in “The war of kings” abbiamo fatto un ulteriore passo avanti, per avvicinarci al tipo di musica e vibrazioni che noi amiamo davvero, del tipo dei Led Zeppelin, per esempio, piuttosto che Deep Purple, alcune dei Black Sabbath, ce sono così tante… ma ecco, questo è il motivo, l’aver raggiunto una maturità, che ci ha permesso di esprimere le stesse emozioni e musicalità degli album che abbiamo sempre amato. Per far questo, per esempio, abbiamo utilizzato diversi strumenti, tra cui uno, il mellotron. Sapete cos’è? Il mellotron è uno strumento musicale a tastiera ed ha una sonorità molto speciale. Stiamo realizzando un film documentario al momento, sul “making of The War of Kings” ed è guardando la pellicola, che mi sono reso conto di quanto abbiamo utilizzato il mellotron, per creare quella sorta di suono maestoso ed un po’ spettrale, che caratterizza completamente l’album e lo rende unico. Tra qualche anno, riascoltando casualmente un brano, si potrà esclamare: “hey, aspetta un attimo, lo riconosco è tratto da: The war of kings!” È una sorta di “firma” se volete. Questa era l’idea iniziale, creare un disco che potesse assomigliare a quelli di un tempo. 

EA -In effetti, la mia sensazione ascoltando l’album, è stata di trovarmi di fronte a qualcosa di molto più complesso rispetto ai vostri lavori precedenti. In passato vi caratterizzava l’energia, un suono più diretto, questa volta invece avete raggiunto una complessità e profondità, che davvero sembra assorbire tutta l’esperienza del vostro vissuto, nonché la maturità artistica.
JT – Concordo. Soprattutto la profondità complessiva e dei testi. Ci sono momenti in cui sorrido e mi domando: “Ma come diamine siamo riusciti a creare tutto questo?!”. Mentre stavamo registrando, parlavamo molto di Bowie, degli aspetti tecnici della sua produzione, nonché degli effetti sonori della voce, alcuni album dei Black Sabbath e Led Zeppelin, fino a giungere agli Audioslave. È stato divertente, lo abbiamo creato in 2 settimane, Dave ha suonato con noi la sua chitarra acustica, eravamo tutti coinvolti. Oggi giorno collaboriamo tutti attivamente alla creazione dei brani e delle melodie, diversamente da quanto accadeva prima. Abbiamo rivoluzionato tutto, produttore, influenza musicale, studio, così nascono idee nuove, motivate da energia.

FM – “Rainbow Bridge” è una canzone molto particolare, dall’influenza arabeggiante…
JT – Si, è un pezzo davvero forte. Nasce da una jam session, tra me e Mic, in cui io suonavo la batteria e lui cantava… abbiamo registrato tutto il giorno. Questa è una sorta di usanza tra noi, come già accaduto in passato per le canzoni “Carrie” e “Rehearsal”, che abbiamo scritto insieme. Stavamo improvvisando, mentre eravamo entrambi in Giappone ed è buffo, perché la melodia non ha nulla a che fare con l’Asia! Guardavo fuori dalla finestra, davanti a me c’era un ponte con la scritta “Rainbow bridge” (e so che ne esiste uno anche in Kansas). Mi è piaciuto il nome e quindi abbiamo iniziato ad utilizzare queste parole nel testo. L’album ha richiesto circa 4 mesi per la creazione definitiva, diverse jam session, il tentativo costante di scrivere in fretta per catturare il momento, una conquista dovuta agli anni di esperienza che ormai abbiamo raggiunto. C’è un punto, durante la costruzione di ogni album, in cui sai di aver raggiunto la maturità del pezzo, del prodotto d’insieme e spingerti oltre, rischierebbe solo di sovraccaricare il tutto e rovinarlo, quindi abbiamo cercato di essere rapidi, per cogliere l’energia del processo creativo e la sua vitalità. Negli anni ’80 forse il panorama musicale era più complesso e strano, la musica si muoveva in fretta, ricordo di essere andato in America, c’erano così tante band, i Pearl Jam, I Nirvana… Ma quest’album non ha subito influenze esterne, nonostante ci dicessero “scrivete un’altro The Final Countdown”. No, questo è l’album che abbiamo sempre voluto registrare e vogliamo sia ricordato anche in futuro, come opera nostra!

Elena Arzani – Francesca Mercury
Intervista a Joey Tempest del 5.2.2015 conferenza “The War of Kings”


http://www.europetheband.com
http://www.tuttorock.net/news/europe-esce-il-nuovo-disco-war-of-kings
http://www.tuttorock.net/news/europe-hanno-presentato-negli-usa-in-streaming-su-vh1com-due-nuove-tracks