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DHAMM – Intervista alla band

DHAMM – Intervista alla band

Sono passati vent’anni. Scriverlo fa già una strana impressione. Il 1995, con tutti i suoi difetti fu un anno ricco di sorprese e particolarmente fervente soprattutto per ciò che riguarda la musica italiana, territorio generalmente piatto e fermo sulle sue posizioni. L’edizione datata 1995 di quella del famigerato Festival di Sanremo vedeva un Pippo Baudo scatenato e avveniristico annunciare  -con bizzarra creatività- l’esibizione di una band di “capelloni”,  ovvero i Dhamm! Quello che potrebbe sembrare un banale episodio ha un’importanza tutt’altro che rilevante se consideriamo il contesto in cui ciò stava avvenendo. Il caso dei Dhamm si dimostrò fin da subito peculiare, a partire dalla scelta del look molto simile a quello di certe band americane come Skid Row, Guns n’ Roses e Bon Jovi. Anche la tematica trattata in “Ho bisogno di te” (rapporto padre-figlio) risultava insolita per un festival bon-ton come Sanremo. 

Non eravamo più di fronte alla solita ballad composta da rime “cuore-amore” bensì veniva indagato il tema di un giovane ragazzo che ha problemi di comunicazione con il padre. L’Italia non era pronta. Realizzo soltanto ora che, mentre le note di “Ho bisogno di te” arrivavano come scariche elettriche al cuore, avevo appena dieci anni. Cosa può ascoltare una bimba di quell’età se non le canzoni dei cartoni animati? Io non ricordo di che musica mi nutrivo, probabilmente il  massimo dell’ascolto erano gli 883. Essendo figlia unica non avevo modelli di riferimento risalenti a fratelli maggiori o cose simili, quindi i miei gusti musicali crescevano da sé, senza influenze.

E il cd dei Dhamm fu il primo cd-rom acquistato da me. Lo possiedo ancora con tanto di Dhamm Fan Card incorporata. 
Alessio Ventura, Dario Benedetti, Massimo Conti e Mauro Munzi.
Questi i nomi dei componenti che diedero vita a un progetto interessante, ma ingenuo destinato a rimanere quella che io definirei utilizzando un ossimoro, una “stazionaria meteora”.
Per quanto il successo dei Dhamm sia stato un lampo, una scintilla destinata a estinguersi in breve tempo, il fenomeno non può assolutamente considerarsi chiuso. La “reunion” della band avvenuta nel 2013 -dopo anni di assenza sulle scene- dimostra quanta voglia ci sia di “suonare ancora” e quanto affetto dimostrino i vecchi fans per quello che è stato un gruppo assolutamente “cult” ed un fenomeno -ripeto- piuttosto unico in Italia.

Sperando di non scadere in domande troppo banali, iniziamo l’intervista:
 “Considerata l’ora” è il titolo del vostro ultimo cd datato 2014. Salta immediatamente all’occhio l’ironia sottesa in questa frase, infatti, la vostra reunion avviene dopo circa tredici anni di assenza sulle scene e in seguito ad alternati cambiamenti di line-up. Forse pochi lo sanno, ma una caratteristica precipua dei Dhamm fin dal primo omonimo album fu proprio quella di trattare tematiche diverse dal solito quali omosessualità (ricordo ancora il brano “Johnny”) o la violenza tra le mura domestiche (“Quello che non hai avuto mai”). Stesso discorso fu valido per “Tra cielo e terra” in cui ci si avvicinava spesso e volentieri al misticismo (“E pace sarà”; “Ora che ci sei”, “Signore Padrone”). L’impegno sociale è sempre sembrato una vostra cifra stilistica; se e in che modo è mutato il vostro approccio alla musica sia da un punto di vista del genere musicale proposto che per quanto riguarda i temi trattati?
A: Questa è una domanda-risposta! Comunque noi siamo sempre attratti da tutto ciò che è “altro” rispetto all’amore, quindi c’è sempre un’attenzione a ciò che accade attorno, brani come“La gente giudica” e “Si salvi chi può” parlano di tematiche sociali. Da un punto di vistra strettamente musicale invece quest’ultimo cd è più pop rispetto al grunge – progressive sperimentale dei precedenti album (es. “Disorient Express”).
(Dario interviene): E’ vero che il mondo è cambiato, ma è cambiato nel modo di reagire alle problematiche, al modo di trovare soluzioni…i problemi fin dal Medioevo sono rimasti immutati. Nei nostri testi noi non abbiamo mai proposto soluzioni, ma semplicemente fotografato una realtà. Nonostante il mondo sia cambiato in questo decennio noi ci sentiamo sempre vicini agli stessi temi

Dal romanticismo idealizzato di “Sono qui” (brano del 1997, il cui testo è firmato dalla penna di Simona Orlando, da cui la celebre frase “vorrei ucciderti, poterti rendere immortale senza doverti mai ne annoiare ne invecchiare”), il bilico dei sentimenti viene narrato stavolta nel singolo “Mediamente rapiti dal cuore” in maniera più semplice e “terrena”… Oggi che viviamo nell’era del precariato non soltanto lavorativo, ma anche sentimentale una frase come “Amarsi immobili è uguale a perdersi sai” diventa cifra di un’epoca. Raccontateci un po’ com’è cambiato l’amore dal vostro punto di vista in quasi vent’anni di musica in cui lo narrate…
A: “Mediamente rapiti dal cuore” è esattamente “Sono qui” dieci anni dopo. Può essere cambiato il linguaggio poiché questo come si diceva prima è un album più pop e anche la nostra età non è più la stessa, eppure il messaggio è sempre quello. “Vorrei ucciderti poterti rendere immortale” è lo stesso concesso di “Amarsi immobili è uguale a perdersi sai”

Il vostro percorso musicale si è dimostrato per certi versi unico e parzialmente ricco di insidie. Ciò denota a mio avviso la presenza di un talento prezioso unito alla purezza d’animo tipica dei veri artisti. Mi date l’idea di essere un gruppo che raramente è sceso a compromessi, sbaglio? Tornando indietro rifareste tutto ciò avete fatto?
Alessio (ironicamente): Ovviamente siamo scesi a compromessi, ad esempio prendere Mauro come batterista è stato un gran compromesso!
Mauro: A parte gli scherzi, la proposta progressive del primo cd è partita assolutamente da noi, leggermente edulcorato dai produttori per renderlo più commerciale.Il secondo disco invece era lievemente più rock, ma senza esagerare.
Alessio: Alcuni brani -oggi possiamo dirlo- sono stati imposti o comunque cambiati nei testi (es. “Un posto anche per te”). Il nostro intento era costruire un testo introspettivo che parlava delle insidie presenti nel mondo più che della speranza, ma grazie a “Disorient Express” siamo riusciti a sviscerare meglio e con più libertà questi argomenti.

Il ministro Fornero, qualche tempo fa ha definito i giovani d’oggi “choosy”, ovvero eccessivamente ambiziosi e non disponibili a intraprendere mestieri e professioni semplici/umili. Se voi non aveste fatto i musicisti che carriera professionale avreste intrapreso?
( risate ironiche): I barboni!
Alessio: A me piace rovinare il legno e scassinare casseforti! Diciamo una cosa: ognuno di noi ha subito un imprinting a 18-19 anni che ci ha instradato nel mondo del lavoro autonomo (con estremo rispetto per il lavoro dipendente, i miei genitori l’hanno fatto per tutta la vita ndr). Dopo aver assaggiato il piacere di generare profitto per te stesso tramite il parto dell’idea, della tua mente difficilmente si torna indietro. Io, come gli altri componenti della band, ho sperimentato un po’ tutto e fatto diversi mestieri (pizzeria ecc.)

Oggi come oggi il panorama musicale è costellato da una presenza forse eccessiva, quasi un esubero di realtà musicali: voi ne preferite qualcuna in particolare?
Dario: Io sono rimasto malinconicamente attaccato al passato, per me il rock è ancora quello degli anni ’70.
Alessio: Io sono rimasto folgorato dai Guns N’ Roses! Per la prima volta grazie a loro ho sentito che la musica era veicolo di una profonda verità e in quel momento ho deciso che la mia strada sarebbe stata quella!
Dario: Io provo ad ascoltare cose nuove, ma quando mi piacciono mi accorgo che somigliano a qualcosa che ascoltavo già in passato (Hendrix, Deep Purple ecc.)

Uno dei brani che maggiormente ho amato e apprezzato in passato è stato “Zona Nera”, canzone che parla dei grandi pregiudizi tipici della Natura Umana nella sua forma più gretta e meschina: voi avete spesso incontrato questo tipo di persone?
Alessio (ironicamente): Ce lavoriamo! No va beh, chi non le ha incontrate?! Dario ad esempio ne ha incontrate molte.

In un paese meritocratico una band come la vostra -a mio avviso- avrebbe sicuramente fatto breccia e ottenuto grandi riconoscimenti: avete mai pensato di trasferirivi all’estero e tentare una carriera lì?
Alessio: Sinceramente no, abbiamo pensato di tradurre i nostri testi e farli arrivare anche all’estero, ma alcuni nostri amici hanno vissuto quest’esperienza, ma non è stata vincente.
Alessio: Ciò non significa che a noi sarebbe andata in egual modo, ma comunque preferiamo rimanere qui

“Considerata l’ora” avrà un seguito? Ci sono già in vista progetti futuri.
Già il fatto di esserci riassestati per noi è una grande novità, siamo completamente autoprodotti e ci siamo completamente ritrovati!!! Tra l’altro si sono aggiunti a noi due nuovi componenti:  Daniele Valentini (basso) e Alex Massari (seconda chitarra) che hanno apportato nuove ispirazioni al gruppo.

In questi anni in cui non siete stati uniti come Dhamm cosa avete fatto?
Suonavamo ognuno in un gruppo diverso, tenendoci comunque sempre in contatto poi è arrivata l’occasione di riunirci grazie a un produttore che ci ha concesso di realizzare questa réunion!

Descriveteci con tre aggettivi un vostro concerto: mi spiego meglio, perché qualcuno dovrebbe venire a vedervi?
Beh…molto energico e sincero sicuramente! E poi…senza produzione oggi, quindi facciamo quello che “strazio” ci pare!

Grazie ragazzi! Rock on!

DAFNE D’ANGELO aka WikiDafne
Ambasciator che non porta pena Maurizio Donini
(Fontanelice Fiume DiVino 26-6-2015)
Photoset Andrea Brusa