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WACKEN OPEN AIR 2017 – 3st day 4-8-2017

WACKEN OPEN AIR 2017 – 3st day 4-8-2017

Il venerdì in quel di Wacken si apre con il cielo quasi del tutto sgombro da nubi, una bella arietta gelida e il live dei nostrani Lacuna Coil. L’afflusso di gente è notevole, considerando che siamo ancora in tarda mattinata, ma d’altra parte i Lacuna Coil sono una band molto seguita in terra germanica, più che in Italia.

L’approccio è ottimale, la band si presenta carica e pronta ad infiammare i presenti; dal punto di vista tecnico si confermano una band ineccepibile, e i due frontman Cristina e Andrea ce la mettono tutta per dimostrare a tutto il festival che Italians do it better!

Il risultato è un ottimo live, che alterna brani nuovi e più datati, con il pubblico che canta in coro i refrain più conosciuti, da Heaven’s a Lie a Enjoy the Silence.
 
Formazione:
Cristina Scabbia – voce femminile (1996-oggi)
Andrea Ferro – voce maschile (1994-oggi) Marco Coti Zelati – basso (1994-oggi)

Ryan Blake Folden – batteria (2014-oggi)
Diego Cavallotti – chitarra

Setlist:
Ultima Ratio
Spellbound
Die & Rise

Heaven’s a Lie Blood,
Tears,
Dust My Demons

Ghost in the Mist
Trip the Darkness

Enjoy the Silence (Depeche Mode cover)
Our Truth

Nothing Stands in Our Way
Zombies

The House of Shame

Faccio un veloce salto a cercare qualcosa da mangiare, e ritorno sotto palco per l’esibizione dei Sanctuary di Warrell Dane.
Purtroppo l’impressione non è migliore di quella che ho avuto le ultime volte che ho visto sia questa band che il frontman in versione solista: buone potenzialità, musicisti capaci, ma una band che non riesce a colpire nel segno, nonostante i trent’anni di attività, a causa di un songwriting forse un po’ troppo banale e di un cantante che ha avuto sicuramente periodi migliori. Dopo circa metà esibizione mi allontano e vado ad esplorare l’Infield, cercando di ricordare il Warrell Dane di un po’ di anni fa. Delusione (anche se preannunciata).
 
Formazione:
Warrel Dane – voce
Lenny Rutledge – chitarra
Jim Sheppard – basso
Dave Budbill – batteria
Shannon Sharp – chitarra
L’attesa è palpabile nell’enorme pubblico accorso per l’esibizione dei tedeschi Grave Digger, che hanno annunciato un’esibizione incentrata sulla trilogia medievale, trittico di album che hanno permesso l’esplosione della fama della band circa vent’anni fa. A dispetto degli annunci, lo show si apre con Healed By Metal, titletrack dell’ultimo album, lasciando un po’ basiti e contrariati i fans, che comunque rispondono bene ai loro beniamini che sin da subito appaiono carichi e in forma. La consistenza dell’annuncio effettuato in precedenza si rivela da subito con le prime note di Killing Time, seguita da altri capolavori come Lionheart, Knight Of The Cross, The Ballad Of Mary, Excalibur e la splendida Rebellion.

La scelta dei brani in scaletta è stata però forse un po’ motivo di delusione, in quanto da uno show annunciato con fanfare a festa per il ritorno dei becchini in quel di Wacken, probabilmente ci si aspettava molto di più, magari qualche brano raramente eseguito dal vivo, o uno spettacolo visivamente più coinvolgente, come quando nel 2010 si sono presentati sul palco con 20 cornamuse della Baul Muluy Pipes & Drums Band, con ospiti speciali come Doro e Hansi Kursch. L’impressione è invece stata quella di un concerto “normale” dei Grave Digger, bello, divertente, coinvolgente, ma senza niente di così speciale.
 
Formazione:

Chris Boltendahl – voce
Axel “Ironfinger” Ritt – chitarra
Marcus Kniep – tastiere

Jens Becker – basso
Stefan Arnold – batteria

Setlist:
Healed By Metal
Killing Time

The Dark of the Sun
Knights of the Cross
Lionheart

The Ballad of Mary (Queen of Scots)
The Round Table (Forever)
Excalibur

Morgane le Fay
Rebellion (The Clans Are Marching)
​Heavy Metal Breakdown

Ci spostiamo verso l’Headbangers per presenziare allo show degli svedesi Grand Magus (rinunciando all’esibizione dei finnici Sonata Arctica, che da quando mi è stato riferito non è stata delle migliori).

Li avevo visti qualche mese fa a Milano, e oggi come allora la qualità dello show è stata superlativa. Il trio di musicisti è compatto, ben rodato, e l’heavy che propongono, di chiaro stampo epico con sfumature sludge e stoner, è in grado di far cantare e scapocciare ogni metallaro. Negli anni si è un po’ perso il lato più doom del sound della band, ma ne hanno guadagnato sicuramente in fama e in epicità dei pezzi.

La scaletta scelta, quasi uguale a quelle dell’italica esibizione autunnale, è efficace e permette di non abbassare la guardia nemmeno per un secondo, come una lunga ed entusiasmante cavalcata verso il memorabile ed epico coro di “Hammer Of The North” cantata a squarciagola da tutti i presenti.
 
Formazione:
Janne “JB” Christoffersson – cantante, chitarrista
Fox – bassista

SEB – batterista

Setlist:
Anvil of Crom (Conan the Barbarian)
I,The Jury

Varangian
On Hooves of Gold
Steel Versus Steel
Like the Oar
Strikes the Water
Forged in Iron
Crowned in Steel
Iron Will

Hammer of the North

Si torna ai palchi principali per l’infiammata esibizione dei Trivium, band americana che annovera molti estimatori e altrettanti detrattori; Matt Heafy e soci però sanno come imbastire un ottimo spettacolo, e lo slot a loro dedicato si è rivelato un ottimo live da ascoltare, privo di sbavature e pieno di linguacce, fiammate e giochi pirotecnici.

Si inizia con la scoppiettante Rain, tratta da “Ascendancy” che nel 2005 ha permesso al gruppo di farsi conoscere in tutto il mondo, per poi alternare brani recenti, come Strife o la più recente Until The World Goes Cold, mantenendo equilibrio attraverso le numerose pubblicazioni del gruppo senza prediligere particolarmente l’ultimo album, come invece spesso accade. Da notare anche che Matt indossa una maglia degli Emperor, che si esibiranno poco dopo di loro, e a più riprese invita il pubblico a godersi l’esibizione di quella che è una delle sue band preferite.
 
Formazione:
Matt Heafy – voce, chitarra ritmica
Corey Beaulieu – chitarra solista, cori
Paolo Gregoletto – basso, cori

Alex Bent – batteria

Setlist:
Rain
Watch the World
Burn
Strife

Down From the Sky
Until the World Goes
Cold
The Sin and the Sentence
Built to Fall

A Gunshot to the Head of Trepidation
Kirisute
Gomen

Silence in the Snow
​Like Light to the Flies In Waves

Stasera gli Apocalyptica ci regaleranno uno show particolare, in cui ripercorreranno tutto “Plays Metallica by Four Cellos” a vent’anni di distanza, con la presenza sul palco anche di Antero Manninen, membro fuoriuscito dal 2002. Eicca presenta lo show che stiamo per vedere, spiegando al pubblico che siccome sono un gruppo strumentale dovremmo essere noi del pubblico i loro vocalist, e noi ovviamente non ci facciamo pregare!

Sin da subito si nota un forte coinvolgimento da parte del pubblico, quasi come se sul palco ci fossero i veri Four Horsemen ma da parte dei violoncellisti noto una certa freddezza, forse dovuta ad un po’ di tensione, perchè già sulle note della più tranquilla Fade To Black i musicisti iniziano ad alzarsi dalle loro sedie, come se gli stessero strette, e a fare headbanging in modo sempre più convinto fino a quando, verso la fine del pezzo, entra in

scena Mikko dietro le pelli di una batteria stranissima, molto scenografica ma con un suono un po’ fittizio, e anche il resto dei musicisti inizia a scatenarsi in modo più convinto. Sui brani eseguiti non ho molto da dire, racchiudono sicuramente il meglio di tutta la storia dei Metallica, l’esecuzione come sempre è a livelli eccelsi, ed il mio parere personale è che seppur bravissimi dopo un po’ di brani mi annoiano sistematicamente, probabilmente per la poca varietà nell’arco del live.
 
Formazione:
Eicca Toppinen – violoncello
Paavo Lötjönen – violoncello
Perttu Kivilaakso – violoncello
​Mikko Sirén – batteria

Antero Manninen – violoncello
 
Setlist:
Enter Sandman (Metallica cover)
Master of Puppets (Metallica cover)
Sad but True (Metallica cover)
Fade to Black (Metallica cover)

Fight Fire With Fire (Metallica cover)
Nothing Else Matters (Metallica cover)
Creeping Death (Metallica cover)

For Whom the Bell Tolls (Metallica cover)
Orion (Metallica cover)

Escape (Metallica cover)
Battery (Metallica cover)

Seek & Destroy (Metallica cover)
One (Metallica cover)

Brusco cambio di genere e di mood: con il calare delle tenebre è il momento dei black metaller norvegesi Emperor e della loro musica colta, sofisticata ma nel contempo malvagia, pregna di oscurità e angoscia e che unisce con classe il migliore black metal a influenze prog molto elaborate. Anche qui parliamo di ventesimo anniversario del bellissimo “Anthems to the Welkin at Dusk” che viene eseguito nella sua interezza; Ihsan, Samoth, Einar, Secthdamon per l’occasione si sono riuniti con il batterista che aveva registrato l’album, Trym Torson, che dietro le pelli è una macchina instancabile.

Un concerto fantastico, un’esperienza da fare per tutti gli estimatori del genere, la splendida voce di Ihsan, che alterna un ottimo scream a una bellissima voce pulita si unisce in modo omogeneo alle ritmiche di Samoth e dello stesso frontman, ben supportati da basso e batteria chirurgici e devastanti. Finita l’esecuzione dell’album celebrato oggi, l’encore ci regala tre perle come Curse You all Men!, I am The Black Wizard e l’epico e sinfonico Inno A Satana, in un tripudio di fiammate e luci scenografiche, che lascia gli astanti esaltati come mai prima d’ora.
 
Formazione:

Ihsahn – voce, chitarra
Samoth – chitarra

Einar Solberg – tastiere, voce addizionale
Tony “Secthdamon” Ingebrigtsen – basso
Trym Torson – batteria

Setlist:
Ye  Entrancemperium
Thus Spake the Nightspirit
Ensorcelled by Khaos

The Loss and Curse of Reverence
The Acclamation of Bonds

With Strength I Burn
The Wanderer
Curse You All Men!

I Am the Black Wizard
Inno a Satana

Dopo lo splendido concerto degli Emperor, il festival continua a calare gli assi: tocca infatti ai Megadeth, ancora impegnati in giro per il mondo con il loro Dystopia World Tour. Che dire, la band è eccelsa, le sezioni ritmiche del tecnicissimo Verbeuren e del sempre validissimo Ellefson sono ottime, ricercate e precise e il duo Mustaine – Loureiro alle chitarre dà veramente una ventata di freschezza ad una formazione sulla cresta dell’onda da decenni. La bravura e il gusto nella scrittura del brasiliano si notano soprattutto nella bellezza e classe dei soli, che si inseriscono perfettamente nelle canzoni e dimostrano ancora una volta il fatto che Kiko sia un chitarrista ai massimi livelli.L’unica nota un po’ meno positiva è la voce di Dave, si sa da tempo che non riesca più ad arrivare ai livelli di un po’ di anni fa, e seppur oggi sia apparso un po’ affaticato, la prestazione è stata comunque godibilissima. 

La cosa più importante delle singole performances è comunque la resa generale, che complice un suono perfetto e la scenografia eccezionale, risulta essere davvero sensazionale. Il gruppo appare compatto, ben amalgamato, e i brani, sia quelli classici come Hangar 18, Peace Sells o Holy wars, sia quelli recenti come la titletrack Dystopia e Fatal Illusion hanno un impatto devastante. Dave ha fatto anche un regalo a tutti i thrasher eseguendo Mechanix, che è a tutti gli effetti la prima versione di The Four Horsemen dei Metallica, raramente eseguita live.
 
Formazione:
Dave Mustaine – voce, chitarra
Kiko Loureiro – chitarra

David Ellefson – basso
Dirk Verbeuren – batteria

Setlist:
Hangar 18
Wake Up Dead

In My Darkest Hour
The Threat Is Real
Sweating Bullets
​Conquer or Die!

Lying in State
Poisonous Shadows
Trust

Fatal Illusion
Tornado of Souls
Dystopia

Symphony of Destruction
Mechanix

Peace Sells
Holy Wars…
The Punishment Due

La curiosità è alta per l’esibizione del reverendo Marilyn Manson, forse un po’ fuori luogo nella location di un festival prettamente metal, e dopo circa 10 minuti di intro in cui noi fotografi siamo stati letteralmente immersi nel fumo come se fosse una serata invernale in Val Padana, finalmente si inizia! Sullo sfondo un enorme trono, i musicisti iniziano a suonare Revelation #12, ma sin da subito è evidente come il frontman non sia per nulla in bolla.

La prestazione è soggetta a continui cali di voce, note lunghe non tenute, e quando parte la più conosciuta This Is The New Shit è quasi impossibile riconoscere il personaggio che ha terrorizzato (e terrorizza ancora adesso) i perbenisti di mezzo mondo: Brian appare stanco, svogliato, senza più voce, ma per quanto riguarda le piazzate da star controversa non ha perso il vizio. Peccato che abbiano senso finché sotto c’è della sostanza, quando questa non c’è più si scade nel ridicolo. 

La band dal canto suo è ottima, musicisti bravissimi e capaci di tenere il palco ottimamente. Purtroppo non sono riuscita a resistere fino alla fine dello show, e sulle note di The Dope Show mi sono ritirata in tenda, per poi scoprire da amici che sono partiti anche dei fischi in diversi momenti del concerto, cosa mai vista prima in 10 anni di Wacken Open Air.
 
Formazione:
Marilyn Manson – vocals
Tyler Bates – lead guitar
Twiggy – bass

Paul Wiley – rhythm guitar
Gil Sharone – drums

Setlist:
Revelation #12
This Is the New Shit
Disposable Teens
Great Big White World
The Dope Show
No Reflection
Sweet Dreams (Are Made of This) (Eurythmics cover)
We Know Where You Fucking Live
SAY10
The Beautiful People
Irresponsible Hate Anthem

Report & photoset by ALESSANDRA MERLIN

Credits: si ringrazia il Wacken Open Air per la gentilissima disponibilità e la perfetta organizzazione dell’evento.