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ERMAL META “Vietato morire tour 2017” – Live @ Teatro di Verdura, Palerm …

ERMAL META “Vietato morire tour 2017” – Live @ Teatro di Verdura, Palerm …

Fare una recensione su un concerto di Ermal Meta potrebbe sconfinare in un piccolo saggio sociologico. Un saggio sociologico che forse potrebbe aiutare a capire quanta capacità abbia questo artista di intercettare il proprio pubblico. Poiché non sono un sociologo, mi limito al compito di redigere un semplice live-report sul concerto tenutosi nella preziosa cornice del Teatro di Verdura di Palermo. Dopo la sua ultima partecipazione al Festival di Sanremo la popolarità dell’artista di origini albanesi è notevolmente cresciuta. Una fama che affonda le radici in una gavetta lunga ed onesta, maturata principalmente con il buon lavoro svolto con uno dei gruppi della prima ondata di indierock “all’italiana”: La Fame di Camilla. Le sonorità sono bene o male rimaste quelle, solo rivestite di una veste più rifinita e marcatamente “mainstream”. L’artista si cala perfettamente in un panorama sonoro tipico di chi è arrivato al “palco dell’Ariston”. Accodandosi ad una lunga schiera di artisti che sono riusciti col tempo a dosare sonorità vagamente rockeggianti ad un linguaggio tipicamente radio-friendly che ha conquistato fette di pubblico importantissime (vedi Vibrazioni, Velvet, Lunapop, etc) e, forse, evolvendo quel linguaggio fin quasi a lambire, senza mai afferrarne un solo frutto, il “sacro orto” del cantautorato italiano (De Andrè, Conte, Guccini), cosa che reputo invece stia riuscendo, ad esempio, ad un Brunori S.a.S.

Tornando alla serata, la cosa che più mi ha colpito è stato constatare quanto questo esile artista tenga in pugno il suo pubblico. Un pubblico composto principalmente da giovanissimi, strettamente ingabbiati in un “divertificio” organizzato (vi giuro che accanto avevo un tizio che guidava le coreografie con tanto di scaletta scritta delle cose da farsi. Ad es. a quella determinata canzone distribuire al pubblico ali di carta e sventolarle, etc). Sgradevole effetto amplificato dal tormentone “su le mani”, con la variante “su ‘ste mani”, di cui forse il cantante ha effettivamente abusato, restituendo a chi viene chiamato a scrivere del concerto un’ immagine da animatore di villaggio turistico di cui forse un artista che si intenda vagamente impegnato, quale Meta si fregia di essere, dovrebbe evitare di assumere.

Ed è proprio questa logica da prodotto preconfezionato che secondo me penalizza il ragazzo che invece sa scrivere canzoni. Perché il buon Ermal, sa scrivere canzoni. Il mestiere lo si vede tutto negli arrangiamenti che non lasciano il minimo spazio ad una qualsivoglia deroga che ci si voglia/possa prendere se si vuole scrivere una hit che giri in radio. A partire dal suono di una band davvero efficace. Meta, dicevamo, sa scrivere canzoni. Canzoni semplici, piene di una loro bellezza pura, fatta per alimentare i sogni delle tante persone che oggi nel nostro Paese non hanno il tempo né la voglia di approfondire minimamente l’investigazione della materia musicale. Sogni piccoli. Sogni grandi. Canzoni che parlano di persone che secondo l’artista meritano di più di quanto stanno avendo. Che parlano di amore senza, fortunatamente, citarlo mai troppo, ma che pure non possiamo dire che abbiano quella forza deflagrante di una “Piccolo Grande Amore” di Baglioni. Canzoni che rimangono un po’ sempre lì, tra il già detto e l’intenzione di dire.

Niente è mai esplicito nelle canzoni di Meta. E questa è la sua forza, ma forse anche il suo limite più grande. Eppure bellissima è la sua “New York” (forse la canzone meno acclamata dal pubblico, con mio sommo sgomento). Bellissima sono “Buio e luce” e “Come il sole a mezzanotte” (canzoni proprio ripescate dal repertorio de La Fame di Camilla). Interessantissima, soprattutto per l’uso che fa della sua voce, è l’interpretazione del brano di Domenico Modugno “Amara terra mia”. L’infilata di pezzi finale è molto coinvolgente, anche se si rimane un po’ sempre sullo stesso registro. Così, la cosa che ha finito con l’attrarmi di più, risulta essere la coda strumentale di ”Voce del verbo” con cui virtualmente il cantautore presenta la band e in cui Marco Montanari (chitarra), Emiliano Bassi (batteria), Dino Rubini (basso), Roberto Cardelli (tastiere) e Andrea Vigentini (seconde voci e chitarra) fanno vedere cosa sarebbero in grado di fare se non imbrigliati nella ferrea logica dello “show biz” di cui è densamente impregnato l’intero spettacolo.

Composto di pochi, ma cogenti pezzi è il bis. “La vita migliore”, “Bionda”, “Straordinario”, “A parte te”. Non lo avrei mai potuto sospettare se non avessi assistito ad un suo spettacolo, ma la vera forza di questo artista è DECISAMENTE il pubblico. E quando un artista arriva al suo pubblico, metaforicamente a sera può seraficamente sedersi in poltrona e guardare il quadro preferito della stanza, ritenendosi giustamente soddisfatto, come lui stesso ammette essere da qualche anno in qua. Eppure all’uscita continuo a ripensare alla gioiosa insensatezza di una canzone come “Rien ne va plus”, al suo andamento sfacciatamente dance. Uno schizzo di anarchica libertà che si è concesso durante un concerto quadratissimo. Sotto i folti baffi sorrido. Che sia quello il vero Meta?!
 
MASSIMILIANO AMOROSO
Photoset by AZZURRA DE LUCA
 
Credits: si ringrazia Puntoeacapo Concerti per la gentilissima disponibilità e la perfetta organizzazione dell’evento.

Band:
Ermal Meta (voce, chitarra) 
Dino Rubini (basso)
Marco Montanari (chitarra)
Emiliano Bassi (batteria)
Roberto Cardelli (tastiera & pianoforte) 
Andrea Vigentini (cori & chitarra acustica)

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http://www.mescalmusic.com/artisti/ermal-meta