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CONCERTO DEL 1° MAGGIO – Live @ Onyx, Godo di Russi (RA), 1 Maggio 2016

CONCERTO DEL 1° MAGGIO – Live @ Onyx, Godo di Russi (RA), 1 Maggio 2016

È la festa dei lavoratori, ed eccoci all’annuale appuntamento con quello che probabilmente è il più importante festival Metal della Romagna: “ARTICOLO 1 CONCERTO DEL PIRMO MAGGIO 2016”. Il festival giunge quest’anno alla sua nona edizione, ed è presentato dall’associazione culturale “La Pallacorda”, col patrocinio del Comune di Russi e la collaborazione della “Secondo Avvento Produzioni”.
La giornata non parte nel migliore dei modi, i concerti si dovrebbero tenere all’aperto in piazza a Russi, ma il bollettino meteo recita “guerra nucleare!”, facendo temere il peggio. Il Metal però non si piega di fronte alla pioggia… il Metal si sposta! Un’ottima organizzazione dell’evento ha permesso infatti di trasferire il palco, con a seguito gli stand gastronomici ed un fiume di birra a basso prezzo, sotto il tetto dell’Onyx Club di Godo.
Così, al sicuro dal vento gelido, possiamo goderci tutte le band in scaletta, fino agli headliners Sigue Sigue Sputnik e Tigertailz. Ma andiamo con ordine.
Arriviamo al club attorno alle 17.00 e notiamo subito come i concerti abbiano accumulato un ritardo abissale. Ci troviamo nel bel mezzo del finale del set dei Drive Me Dead, che, secondo i programmi, avrebbero dovuto iniziare a suonare alle 15.30. Non sappiamo a cosa sia dovuto, ma siamo già un’ora in ritardo. Non ci facciamo troppo caso per il momento.
 
RISING DARK
La prossima band in scaletta sono i ravennati Rising Dark, freschi di pubblicazione del secondo album in studio ‘A World in Ruin’. I quattro propongono un misto di Death e Thrash Metal condito da grandi dosi di atteggiamenti spavaldi. Dimostrano di credere davvero nel loro show, e ben che fanno! Trasudanti violenza da ogni dove interpretano bene uno dei più classici generi del panorama extreme. Suonano una breve scaletta di sei brani, ma tutti lunghi e fatti di ottime parti strumentali martellanti. Il front-man carica a più riprese il pubblico, che però non sempre risponde presente. Questa band ha bisogno solo di esperienza e di un po’ di volume in più alla chitarra solista, e per il resto il gioco è fatto. Non per niente dopo i saluti si godono i meritati applausi.
 
Setlist:
A world in ruin
Plague
Military operation slaughter
Teotihuacan
This is war
Armageddon
 
Line-up:
Michael Crimson – Voice & R Guitar
Balzael – Drums
Stanley Bleese – L Guitar
Dan Ross – Bass
 
RAIN
I cambi tra una band e l’altra sono velocissimi (continuiamo a non capire quindi da dove derivi tutto questo ritardo negli orari), e in dieci minuti ci troviamo di fronte ai Rain, band bolognese dalla storia ultraventennale, che oggi porta in tour il neonato ‘Space Pirates’. Li avevo lasciati appena tre anni fa, persi di vista dopo il loro concerto di apertura ad una data italiana degli Airbourne, dove avevano proposto un buon Power Metal con Francesco Grandi alla voce. Li ritrovo oggi con formazione diversa, soprattutto con cantante diverso, e con genere diverso. Oggi i Rain suonano un classico Heavy/Groove Metal che si è un po’ standardizzato. Si nota tanto l’esperienza nel loro show dal suono pulito e dal riffing preciso, pare però che abbiano perso un po’ di verve. La differenza maggiore tra passato e presente della band è però sulla prima linea. Se il cantato di Mantis Le Sin ha portato una sana dose di durezza e solidità, d’altro canto con lui le linee vocali hanno perso ampiezza e poliedricità. La band è senza dubbio ottima (d’altronde non si rimane sulla piazza per vent’anni senza esserlo) e qui diventa una questione di gusti. Sta di fatto però che, nonostante le tante magliette indossate dai fan, il parterre si è sensibilmente svuotato rispetto al set precedente.
 
Setlist:
Spacepirates
Hellfire
Kite n’ Roll
Not dead yet
Cops
86
Forever bitch
Black ford rising
Love in the back
Bang bus
Only for the raincrew
 
Line-up:
Mantis Le Sin – Voice
Alessio ‘Amos’ Amorati – Guitar
Amedeo Mongiorgi – Guitar
Gabriele ‘King’ Ravaglia – Bass
Andrea Fedrezzoni – Drums
SPEED STROKE
Sono quasi le 19.00, ed è la volta degli imolesi Speed Stroke che, indovinate un po’, hanno il loro appena uscito secondo album da promuovere! ‘Fury’ è nei negozi da meno di due mesi, e sta facendo strage di rockers. La band è in forma smagliante e spara il suo Hard Rock nudo e crudo ai massimi volumi, ma è solo un esercizio di velleità, perché il pubblico sa a memoria tutte le canzoni, e potrebbe fare tutto da solo. Delle band di oggi, questa è quella che si prende meno sul serio. I cinque, con il loro affiatamento e con una connessione speciale col pubblico, sono in grado ogni volta di creare un giocoso clima di festa che è l’anima del Rock n’ Roll. Jack strilla nel microfono mentre D.B. striscia sul palco suonando la sua sei corde, dando vita ad una scaletta infuocata. Difficile sceglierne alcuni ma ‘Sick of you’ e ‘Demon Alcohol’ possono essere presi come i migliori pezzi della serata, per non parlare di ‘Bet it all’, i cui passaggi di sassofono sono oggi sostituiti da una tombetta giocattolo… una trombetta giocattolo! Devo ancora finire di ridere. “Perché siamo poveri, ma finché posso io le basi non le voglio!” cit.
L’ho ripetuto spesso, questa è una band con un presente forte e dal futuro garantito.
 
Setlist:
Break your bones
Demon alcohol
The end of this flight
Sick of you
From scars to stars
Believe in me
Bet it all
Age of Rock ‘n’ Roll
 
Line-up:
Jack – Voice
D.B. – L Guitar
Niko – R Guitar
Fungo – Bass
Andrew – Drums
DEATHLESS LEGACY
Andiamo avanti ed incontriamo i Deathless Legacy che, per una strana congiunzione astrale, hanno anche loro pubblicato il secondo album in studio a fine Febbraio, ‘The Gatering’. La band pisana è una delle cose più assurde che potete incrociare bazzicando i concerti Metal nostrani. Scenografici ed molto teatrali, fanno del loro show una sorta di musical oscuro, accompagnando ogni brano con una performance visiva che lascia un po’ stupiti ed un po’ interdetti. La loro musica ha una base, se vogliamo, Sympho Black Metal, su cui però viene montato di tutto, dallo Swing al Blues. Ne esce un calderone spiritico fatto di tastiere dissonanti e di lamenti deliranti, una miscela di non facile assimilazione per chi ascolta, c’è una componente avanguardistica nella musica dei Deathless Legacy che rende i loro brani non esattamente immediati per il pubblico. Ma questo “teatro orrido” non può non colpire, nel bene o nel male. Un grosso errore assolutamente da correggere in questa performance è l’abitudine della front-girl di passare l’80% del tempo a rotolare per terra dimenandosi come una posseduta, rendendosi invisibile a chiunque non si trovi in prima fila. Rimane comunque esilarante sentire Steva parlare al pubblico col suo accento toscano appena venti secondi poco aver finito di ragliare peggio di una zombie idrofoba (in senso buono eh). Impagabile!
 
Stelist:
The dove has died
Circus of the freaks
Wolfgirl
Baal
Smash your idols
Skeleton swing
Bow to the porcelain altair
 
Line-up:
Steva – Voice and performances
Frater Orion (The Necromancer) – Drums
Sgt. Bones – Guitar
C-AG1318 (The Cyborg) – Bass
Alex van Eden (Alessio Lucatti) – Keyboards
The Red Witch – Performances
Anfitrite – Performances
TEODASIA
Ci stiamo avvicinando alla fine, con l’ultima band italiana del bill che sale sul palco. I redivivi TeodasiA. La band veneziana è reduce da un lungo periodo d’inattività, conseguente alla defezione della precedente front-girl, al cui posto è stata scelta quella che, secondo chi scrive, è la migliore giovane voce italiana del momento: Giacomo Voli, conosciuto al grande pubblico per la partecipazione a The Voice of Italy. La voce acuta e potentissima di Giacomo permette dalla band di continuare a proporre i vecchi brani studiati per una voce femminile, e allo stesso tempo rende il Symphonic Metal della band epico a livelli siderali. Le linee vocali letteralmente da brividi sono accompagnate da ampie e ricche orchestrazioni sinfoniche, che dominano il sound del quartetto. Dominano a tal punto che ci si chiede come mai nella formazione non sia ancora stato incluso un tastierista, non è mai un punto a favore un così importante uso di basi pre-registrate. Un altro appunto che gli si può fare è l’eccessiva staticità, con basso e chitarra che paiono piantati coi chiodi sulle loro postazioni.
Comunque, per quanto riguarda il sottoscritto, con Giacomo Voli alla voce gli altri membri avrebbero potuto suonare con una chitarra di Guitar Hero e con un set di bicchieri e posate che di problemi non ce ne sarebbero stati. (ahah!)
 
Setlist:
intro: Crossing
Temptress
Revelations
The lost words of forgiveness
Ghosts
Hollow Earth
Land of memories, part 1
Land of memories, part2
 
Line-up:
Giacomo Voli – Voice
Alberto Melinato –  Guitar
Nicola Falsone – Bass
Francesco Gozzo – Drums
SIGUE SIGUE SPUTNIK
Siamo giunti al primo dei due gruppi internazionali della serata. Martin Degville e un non meglio presentato chitarrista tuttofare sono ciò che rimane degli S.S.Sputnik, vecchia gloria della New Wave inglese degli ultimi anni ’80 (New Wave??? Che diavolo ci fanno qui??). Degville si presenta sullo stage agghindato come un gallo (non so descrivervelo meglio rimanendo sintetico, andate a vedervelo su Google) ed attacca a sciolinare i propri pezzi, fatti tutti di basi Beat, space guitar, e voce. Le basi hanno tutte intro pesanti e ritmate, che possono intrigare i fan dell’elettronica di ultima generazione, ma che proseguono inesorabilmente verso… beh… verso la New Wave.
Il duo è totalmente fuori luogo e anacronistico, col front-man che si atteggia a drag-queen con le sue movenze alla Patty Pravo, e col chitarrista che si aggira alle sue spalle quasi annoiato o intento a premere “play” per riprodurre la base successiva. In una parola? Sembrano troppo FINTI.
Eppure hanno il loro pubblico, senza dubbio l’età media della platea si è alzata vertiginosamente, ma i fan sono numerosi e ballano scatenati e memori dei loro anni ruggenti. Allo stesso tempo però, dai lati del locale, volano bicchieri mezzi pieni di birra diretti verso il palco, gesto certamente poco rispettoso, anche se, a mio parere, gli Sputnik sono stati un grosso passo falso nella scelta del bill da parte dell’organizzazione.
 
Setlist:
Alien Christ
The king of Rock n’ Roll
M.A.D. (Mutual Assured Destruction)
Super crook Blues
Success
Dancerama
Sci-Fi lover
Boom boom satellite
Atari baby
Teenage thunder
Sex bomb Boogie
Hey Jane Mansfield Superstar!
21st century boy
Rockit Miss USA
Love Missile F1-11
TIGERTAILZ
Il ritardo accumulato è immenso. Sono le 23.40 quando i Tigertailz salgono sul palco, freschi di ritorno discografico con ‘Blast’. Il pubblico inizia ad essere un po’ stanco dopo un’intera giornata passata al festival, ma gli headliners piombano sul palco carichi come molle. Questi vecchi glamster d’oltremanica dimostrano sicuramente di essere più attivi della maggior parte dei presenti mentre frullano urlanti in lungo e in largo per il palco. Pur senza qualità vocali molto al di sopra della media, Rob Wylde canta del classico Glam Metal tutto fatto di cori e seconde voci, con una band che lo accompagna senza grossi virtuosismi ma creando un muro sonoro bello denso. Niente da dire, i quatto inglesi fanno bene il proprio lavoro, ma è tardi, la gente è stanca, e domani si lavora. Così più passa il tempo più la platea si svuota, la seconda metà dello show trova quindi ad assistere solo un manipolo di meno di cinquanta irriducibili. La performance della band continua comunque ad essere di qualità, addirittura le luci stroboscopiche e la doppia cassa su ‘Love overload’ rianimano i pochi rimasti facendo nascere un accenno di pogo.
Abbiamo quasi concluso la serata quando, colpo di scena! Al termine di ‘Shoot to kill’, e dopo aver parlottato un po’ con qualcuno del backstage, front-man si scusa con i presenti, ma la band è costretta a tagliare lo show su richiesta degli agenti di polizia che sono giunti all’Onyx Club. D’altronde è quasi scoccata l’una di notte, e qualche vicino assonnato deve aver deciso che è ora di chiudere la serata. Salutiamo quindi, senza neanche il tempo di un inchino, i glitterati Tigertailz.
 
Setlist (incompleta):
Every time I see you cry

Star attraction
All the girls in the world


I can fight dirty too
Noise level critical
Brain the sucker
Heaven
Squeeze it dry
Living without you
Love overload
Shoot to kill
 
Line-up:
Rob Wylde – Voice
Jay Pepper – Guitar
Berty Burton – Bass
Matthew Blackout – Drums
 
Uno strano epilogo, ma ci rimane comunque la soddisfazione di aver preso parte ad un ottimo festival che, più che per portare qualche headliner a fine carriera, ha il grande merito di tenere viva la scena underground italiana. Oggi lo si può proprio dire: “ITALIANS DO IT BETTER!”.
 
p.s. per l’associazione “La Pallacorda”: ci aspettiamo qualche sorpresa speciale il prossimo anno. Sarà il decimo anniversario eh!
 
Marco Raggi
Photoset by GZPictures