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THE ARISTOCRATS “Tres Caballeros world tour” @ ZonaRoveri Bologna

THE ARISTOCRATS “Tres Caballeros world tour” @ ZonaRoveri Bologna

Le buone parole si sprecano quando in campo scendono The Aristocrats, trio delle meraviglie che allinea virtuosi del proprio strumento come il chitarrista britannico Guthrie Govan (da tempo al fianco di Steven Wilson), il batterista tedesco Marco Minnemann (Steven Wilson e Joe Satriani) e il bassista statunitense Bryan Beller (Dethklok, Joe Satriani). Un autentico capolavoro di fusion, prog e jazz-rock l’ultimo album “Tres Caballeros”, sulle cui ali la formazione approda stasera nella splendida cornice del ZonaRoveri Music Factory di Bologna per una delle tappe più attese di questa seconda tranche del tour europeo.
E’ un urlo primordiale quello che apre il concerto con Stupid 7, un rombo di rullanti da far impallidire una band metal, poi si viaggia tra sonorità jazzate con forti contaminazioni new age, per declinare in passaggi dai sapori flamencati  che mutano improvvisamente in deflagrazioni musicali ossessive ed insistite di altissimo livello. Una varietà di mutamenti di volume ed andamento di trama che in Jack’s back lascia senza parole. La compattezza del trio è evidente, ma è l’eterogenità dell’ensemble proposto che lascia stupefatti, su una suite dai chiari tratti post-rock si inserisce una chitarra spagnoleggiante che va ad intarsiarne la trama.  Ampia la disponibilità di Beller ad interloquire con il pubblico, racconta di 2.000 miglia da Nashville a Los Angeles, una colorita storia con tre donne texane da un benzinaio, che si trasforma in una lussureggiante Texas craxypants. E’ una tempesta elettrica che si abbatte sulla platea assiepata, la chitarra di Govan è incandescente mentre inanella riff selvaggi uno dietro l’altro, un rosario torrenziale di note impazzite incise ad una velocità che nulla ha di umano. La batteria resta imperiale mentre, finito di fare i cantastorie, il basso ruggisce primitivo. Pressure relief è fortemente jazz, ma infettato di post-rock primitivo e sanguigno, roventi slides sulle corde, il basso che si trasforma in percussionista scatenando un contest con la batteria., la chitarra che distorce in maniera impietosa graffiante ed abrasiva.  Minnemann è scatenato e si diverte, scherza con il pubblico esibendo anche un italiano che si traduce nel classico scioglilingua “trentatre trentini entrarono a Trento trotterellando”, ma non mancando di far seguire anche un “sto’ cazzo (sic)”, la lingua italiana la domina come la batteria insomma….

Culture clash viene presentata da Govan con il quadretto di due uomini che si scontrano fisicamente, e dalle parole riesce a tradurre perfettamente l’immagine in musica, una sorta di fight club in salsa jazz, tirata  e tagliente nel suo incedere. Pig’s day off tiene fede al nome, Govan accosta un maialino in plastica al microfono e mentre si beve una birra lo fa “cantare (o meglio grugnire)” come intro alla canzone, brano tossico e lisergico per nulla inficiato dalla divertente scenetta. Desert tornado o drum tornado? Domanda legittima!! Protagonista principale ed indiscusso, è Minnemann con i suoi rullanti , furioso ed implacabile, pulito e trascinante nella sua avanzata, il batterista tedesco si diverte e martella senza pietà. Una traccia post-rock che verso la metà vede Goven e Beller abbandonare il palco per lasciare il proscenio a drum solo dello scatenato martello tedesco. Bellissima la melodica Smuggler’s corridor, contaminata come più non si potrebbe, influenze di ogni tipo che vanno a fondersi in un pezzo affascinante nelle sue continue disgregazioni, strade intraprese e poi continui cambi di direzione, resti disorientato ad ammaliato, la chitarra che tira le corde allo stremo inventando continui riff , correndo sui tasti , distorcendo tutto il possibile, su un sezione ritmica implacabile.

This is an instrumental trio!!” dice Minnemann, ma visto che c’è tanto pubblico caldo e presente perché non usarlo come vocalist? Beller è il pifferaio che gioca continuamente con la fanbase, riesce a far cantare a tutti in una rutilante singalong, coinvolgendo tutti e gruppetti a turno, il risultato è di grande effetto e scegliendo anche due soliste in prima fila. The Kentucky meat shower parte in tonalità country, per poi trasformarsi in un pezzo dominato dai virtuosismi al basso di Beller che giganteggia mostrando tutto il bagaglio tecnico ed interpretativo che risiede nelle sue righe. Il bis coinvolge il pubblico in pieno,  ed anche il pig già apparso precedentemente, Get it like that si lancia su toni alienanti, e ci si diverte,  Beller estrae dal cilindro una gallina, Minnemann impugna un’oca, che dire, con i The Aristocrats si assiste ad uno spettacolo a tutto tondo, ma gonfio di grandissima, risplendente luce.

MAURIZIO DONINI
Photoset by ANDREA BRUSA

Credits: si ringrazia Zona Roveri Music Factory per la gentilissima disponibilità e la perfetta organizzazione dell’evento.

Setlist:
Stupid 7
Jack’s Back
Texas Crazypants
Pressure Relief
Culture Clash
Louisville Stomp
Pig’s Day Off
Desert Tornado (with drum solo)
Smuggler’s Corridor
The Kentucky Meat Shower
Encore:
Get It Like That

Band:
Guthrie Govan – chitarra
Bryan Beller – basso
Marco Minnemann – batteria

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